Sono trascorsi già alcuni anni dalla rivoluzione bolscevica dell'ottobre 1917, eppure "Aelita" non sembra portarne le tracce, salvo per le peculiari (e tecnicamente magistrali) caratteristiche del montaggio. Il film fantascientifico si colloca infatti nel 1924, lo stesso anno de "Il cineocchio" di Vertov e di "Sciopero!" dell'immenso Ėjzenštejn, ma è a entrambi imparagonabile, e difficilmente collocabile nei grandi filoni cinematografici del periodo. Le avanguardie culturali e artistiche sovietiche hanno già intrapreso la rivoluzione cinematografica, formale ma soprattutto teorica, che però non è giunta ancora a completa maturazione. A cavallo tra 1923 e 1924, vengono introdotte in Unione Sovietica le macchina da presa portatili senza treppiede, che spalancano nuovi orizzonti creativi ed esecutivi, mentre è già stato profondamente rinnovato il montaggio, nel suo aspetto tecnico-estetico come nella sua portata filosofico-politica. In "Aelita" vediamo una dimostrazione del "montaggio parallelo a contrasto", lo stesso che in "La fine di San Pietroburgo" di quattro anni più tardi spiega con una serrata alternanza di immagini l'essenza della guerra imperialista: soldati che cadono, azioni che salgono, feriti che strisciano, azionisti che comprano.
La portata innovativa di "Aelita" risiede dunque tutta nella sua struttura tecnica, più che formale, e nella grandiosità dell'apparato visivo "da botteghino" (oltre, banalmente, alla trama: è il primo film fantascientifico prodotto dall'URSS). Ma tolta la qualità materiale del prodotto, e tolto il suo valore storico-documentale, di "Aelita" non resta molto. Siamo lontanissimi dai capolavori del cinema "concettuale" sovietico, dalla teorizzazione del "senso cinematografico del mondo", del "vedo!" innovativo sul piano estetico-formale e sul piano storico-sociale capace di rendere il cinema sovietico una delle quattro più grandi scuole cinematografiche della storia.
Addirittura, a tratti "Aelita" ha un sapore quasi (mi si conceda il termine) "controrivoluzionario": l'immagine risente ancora molto della recitazione teatrale, soprattutto nelle scene al chiuso, che risultano molto cariche sulle espressioni facciali, sull'esasperata gestualità, sul trucco, e restituiscono un sapore espressionista; lo scenario, invece, non si discosta dalle tradizionali caratteristiche prerivoluzionarie. Los, sua moglie e la regina di Marte Aelita (che a tratti si sovrappongono in questa sorta di sogno/incubo "fantasentimentale") sono parte di un cast molto tradizionale, lontano dai "tipi" e dagli eroi-massa tipici del miglior cinema sovietico. D'altronde molto peso è conferito alla trama-narrazione, altro elemento, a rigore, "controrivoluzionario", nella misura in cui corrisponde ad una concezione individualistica del cinema e, soprattutto, alla finalità meramente ricreativa della proiezione. "Aelita" rientra, in una parola, in quel filone di film che oggi domina in maniera pressoché esclusiva (specie nel "mainstream"): quello della "fuga", della distrazione fine a se stessa, dell'assenza di ogni stimolo sociale e ideologico ("assenza" che, come i cinepanettoni ci hanno insegnato, si traduce normalmente nella "presenza" di una veste ideologica conservatrice).
La portata innovativa di "Aelita" risiede dunque tutta nella sua struttura tecnica, più che formale, e nella grandiosità dell'apparato visivo "da botteghino" (oltre, banalmente, alla trama: è il primo film fantascientifico prodotto dall'URSS). Ma tolta la qualità materiale del prodotto, e tolto il suo valore storico-documentale, di "Aelita" non resta molto. Siamo lontanissimi dai capolavori del cinema "concettuale" sovietico, dalla teorizzazione del "senso cinematografico del mondo", del "vedo!" innovativo sul piano estetico-formale e sul piano storico-sociale capace di rendere il cinema sovietico una delle quattro più grandi scuole cinematografiche della storia.
Addirittura, a tratti "Aelita" ha un sapore quasi (mi si conceda il termine) "controrivoluzionario": l'immagine risente ancora molto della recitazione teatrale, soprattutto nelle scene al chiuso, che risultano molto cariche sulle espressioni facciali, sull'esasperata gestualità, sul trucco, e restituiscono un sapore espressionista; lo scenario, invece, non si discosta dalle tradizionali caratteristiche prerivoluzionarie. Los, sua moglie e la regina di Marte Aelita (che a tratti si sovrappongono in questa sorta di sogno/incubo "fantasentimentale") sono parte di un cast molto tradizionale, lontano dai "tipi" e dagli eroi-massa tipici del miglior cinema sovietico. D'altronde molto peso è conferito alla trama-narrazione, altro elemento, a rigore, "controrivoluzionario", nella misura in cui corrisponde ad una concezione individualistica del cinema e, soprattutto, alla finalità meramente ricreativa della proiezione. "Aelita" rientra, in una parola, in quel filone di film che oggi domina in maniera pressoché esclusiva (specie nel "mainstream"): quello della "fuga", della distrazione fine a se stessa, dell'assenza di ogni stimolo sociale e ideologico ("assenza" che, come i cinepanettoni ci hanno insegnato, si traduce normalmente nella "presenza" di una veste ideologica conservatrice).
La parentesi prossima al finale (sentimentale) del film, quella in cui un soldato sovietico arrivato sul pianeta rosso cerca di rovesciare la monarchia di Aelita incoraggiando i suoi sudditi a istituire l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche di Marte, non smentisce la lettura "apolitica" del film, poiché risulta non solo forzosa e disomogenea rispetto alla trama, ma prende perfino le sembianze di un semplice spot celebrativo (chissà, forse finalizzato ad evitare le fondate accuse di "vuoto formalismo" che sarebbero potute arrivare).
Con "Aelita", il cinema sovietico si dimostra all'altezza delle più pompose produzioni occidentali, dei canoni tradizionali dei più riusciti "scenari emotivi" e insieme della novità rappresentata dagli elementi fantascientifici (le scenografie e i fondali hanno un sapore perfino futuristico, e richiamano alla memoria certi manifesti della Rosta firmati Majakovskij). Si dimostra, insomma, capace di precorrere i tempi e i modi del cinema, pure nelle sue forme meno "rivoluzionarie" e rappresentative.
Con "Aelita", il cinema sovietico si dimostra all'altezza delle più pompose produzioni occidentali, dei canoni tradizionali dei più riusciti "scenari emotivi" e insieme della novità rappresentata dagli elementi fantascientifici (le scenografie e i fondali hanno un sapore perfino futuristico, e richiamano alla memoria certi manifesti della Rosta firmati Majakovskij). Si dimostra, insomma, capace di precorrere i tempi e i modi del cinema, pure nelle sue forme meno "rivoluzionarie" e rappresentative.