Robert Musil dedicò alla stesura di questo romanzo gli
ultimi tredici anni della sua vita, dal 1929 al 1942. Un capolavoro, animato
dall’ambizioso progetto di cogliere appieno il senso del proprio tempo. Di quei
primi ferventi anni del Novecento in cui
tutto sembrava possibile: tanto la rivoluzione proletaria quanto la
restaurazione autoritaria borghese, tanto una spinta democratica della
politica, dovuta all’irruzione delle masse nella vita della società e dello
stato, quanto una svolta autoritaria, dittatoriale, che relegasse le masse ad
acefalo organo del consenso. Il capitalismo attraversava una fase di
straordinaria crescita, la modernizzazione della società era galoppante, e al
tempo stesso si metteva in discussione nella teoria e nella prassi politica
l’idea che la valorizzazione del capitale sarebbe andata di pari passo con il
progresso della società e dell’umanità. Al progresso tecnico-scientifico che
aveva raggiunto livelli impensabili pochi anni prima, si affiancano nuove idee
che mettevano in discussione la solidità, la veridicità, l’oggettività di quella
razionalità che aveva sostenuto il progresso scientifico. In queste aporie si
muove il romanzo di Musil, cercando di cogliere il senso complessivo di
quell’insieme caotico di contraddizioni che fu il Novecento, un secolo in cui
l’uomo poté conoscere un tenore di vita altissimo e in cui conobbe gli orrori e
le morti più terrificanti. È un romanzo incompleto, e forse, proprio questa
incompletezza costituisce l’intuizione più importante dell’autore:
nell’impossibilità di riuscire a cogliere il senso ultimo di un’epoca, si
scopre che proprio quella mancanza e quell’impossibilità costituiscono il
tratto distintivo di un tempo storico sfuggente, contraddittorio, frenetico.
L’aporia, la contraddizione, il contrasto delle idee, la lotta delle
interpretazioni sono i nodi che Musil, nel tentativo di sciogliere, fa emergere
in tutta la loro insolubilità.
Protagonista di un tempo senza Verità è l’uomo senza qualità,
Ulrich, un matematico che decide di prendersi un anno di vacanza dalla vita.
Viene coinvolto, spinto dal padre, a partecipare ad un progetto patriottico
sostenuto dall’élite aristocratico-borghese dell’impero asburgico, in
particolare da sua cugina Diotima Tuzzi, in onore del settantesimo compleanno
dell’imperatore Francesco Giuseppe. Siamo alle soglie della Grande Guerra e
l’intellighenzia e la burocrazia austriaca decidono di organizzare questa
Azione, che prenderà il nome ufficioso di Azione Parallela, ossia parallela ad
un progetto prussiano analogo che animava le élite tedesche in quello stesso
periodo.
Questa la vicenda nella quale l’Uomo senza qualità si trova
coinvolto. Ma chi è quest’uomo? Cosa significa essere privi di qualità? Per
qualità qui si intende un’ “attitudine a…”, la capacità di agire, di fare
qualcosa. Per fare qualcosa bisogna avere senso della realtà: un uomo dotato di
una certa qualità, o di più qualità, è un uomo che ha una chiara e precisa
concezione di ciò che gli sta attorno e, sulla base delle sue conoscenze, è in
grado di calcolare i rischi e i vantaggi di ogni sua azione e, dunque, di
procedere con l’azione concreta. Ulrich è un uomo senza qualità: è dunque un
uomo incapace di agire, che presuntuosamente crede di poter prendersi un anno
di vacanza dalla vita, e questa sua incapacità deriva da una “deficienza” del
senso di realtà. Ulrich è fermo non perché inchiodato ad un’insicurezza o ad
una incapacità, ma è fermo nel senso di sospeso: sospeso dalla realtà e aperto
verso la possibilità. Il suo senso della possibilità non gli permette di avere
quel senso di realtà che, come una calamita, ci fa aderire al suolo e ci
permette di muoverci con linearità, direzione, senso. Ulrich fluttua sul caos
del suo tempo, sballottato da una parte all’altra, risucchiato nel vortice di
idee, azioni, macchine, strade, case, persone e non c’è un concetto, un’ idea,
un punto di riferimento che funga da zavorra e gli permetta di scendere. Ulrich
è un uomo che non ha nessuna voglia di scendere da quel continuo fluttuare:
quale realtà dovrebbe spingerlo a muoversi verso una direzione precisa? Quale
verità potrebbe dar senso e consistenza al suo cammino? Queste domande non sono
retoriche, ma quesiti scientifici cui Ulrich cerca di dare una risposta
oggettiva, esatta. L’esattezza analitica del protagonista lo porta a
comprendere che la realtà è soltanto una parte che va integrata con la
possibilità per poter essere consistente. Che la realtà intesa come l’insieme
delle cose che sono quelle che sono è una interpretazione parziale di
quell’insieme di fenomeni che caratterizzano un tempo storico, una società, un
individuo. La possibilità, l’irrealtà sono motori del divenire, e la realtà è
una cristallizzazione parziale di un immenso mondo di infinite possibilità. Per
questo, secondo Ulrich, si dovrebbe cancellare la realtà, o vivere come si
legge.
Un’esperienza o una verità possibili non
equivalgono a un’esperienza o a una verità reali prive del valore della loro
realtà, ma hanno in sé, almeno secondo i loro sostenitori, qualcosa di
smaccatamente divino, un fuoco, un’esaltazione, un proposito costruttivo e un
consapevole utopismo che non rifugge la realtà, ma la tratta come un compito e
un’invenzione.[…] È la realtà che desta le possibilità, e nulla sarebbe così
assurdo come negarlo. Tuttavia, sommate o in media, restano sempre le stesse
possibilità che si ripetono finché non arriva un individuo per il quale una
cosa reale non è più importante di una cosa pensata. È colui che conferisce
alle nuove possibilità senso e determinazione, è lui a risvegliarle. […] E dal
momento che il possesso di qualità presuppone una certa gioia nel saperle
reali, è legittimo ritenere che a chiunque manchi il senso di realtà anche nei
confronti di se stesso potrà capitare all’improvviso di scoprirsi un giorno un
uomo senza qualità.
L’assenza di
qualità di Ulrich è il riflesso dell’assenza di qualità del tempo che vive. Il
protagonista è, da un lato, un uomo che non trova spazio nel proprio tempo, che
non riesce ad assumere un compito e portarlo fino in fondo, brillante e
parziale in tutte le imprese che intraprende. Ma, dall’altro, Ulrich è l’uomo
che più di tutti replica individualmente una condizione collettiva, storica: il
Novecento è un tempo privo di qualità. Un vortice dal quale emergono idee
uguali e contrapposte che non riescono a trovare conciliazione. Nel romanzo il
caos dell’epoca che precede la Grande Guerra è dipinto perfettamente nel
microcosmo dell’alta borghesia imperiale alle prese con l’Azione Parallela. Obiettivo
di questa iniziativa spirituale è la ricerca di una Grande Idea che possa unificare
i sudditi dell’impero, conciliare le differenze nazionali, etniche,
linguistiche, religiose, le differenze ideologiche, che congiunga pacifismo e
militarismo, spirito ed economia, anima e sessualità. I personaggi che si
affaccendano nella ricerca disperata e inconcludente di questa Idea sono sempre
personaggi aporetici e contraddittori: Diotima, la regina indiscussa del
salotto culturale, è dapprima una fanatica spiritualista, per poi diventare una
erudita in sessuologia; speculare rispetto ad Ulrich, Paul Arnheim, si presenta presso l’Azione
come uomo interessato alla grande impresa spirituale austriaca, è dotato di una
vasta conoscenza erudita, ha scritto molti saggi, è un intellettuale e grande
imprenditore molto apprezzato. Un uomo pieno di qualità che si scopre avere dei
significativi interessi petroliferi legati all’impero austro-ungarico. Il
generale Stumm che cerca di conciliare la schematica disciplina militare con la
caotica cultura moderna e tanti altri, dall’assassino di prostitute
Moosbrugger, alla nietzscheana sfegatata e mentalmente instabile Clarisse, fino
alla sorella di Ulrich, Agathe, ragazza caratterizzata dalla stessa “sospensione”
rispetto al mondo di suo fratello, che in lei si manifesta come indifferenza
morale nei confronti del mondo. Il rapporto tra Ulrich e Agathe è molto particolare:
separati fin dall’infanzia, si incontrano da adulti dopo la morte del padre. Tra
i due esplode un amore “mistico” e velatamente incestuoso: Ulrich la definisce “il
mio amor proprio”, la mia “gemella siamese”. Un rapporto di anime affini che si
incontrano nella sospensione dal mondo, nel regno delle possibilità infinite
non ancora realizzate.
Nella
confusione e contraddittorietà che caratterizza il protagonista, ogni singolo
personaggio, Vienna, il tempo storico nel suo complesso, serpeggia la
sensazione indeterminata e ineffabile che “qualcosa stia per accadere”: in un’epoca
in cui si comprende che qualcosa è andato perduto, ci si aspetta un
cambiamento, un avvenimento che getterà luce – in modo tragico, possiamo ben
dire oggi – su una complessità che soltanto un uomo fuori e per questo immerso
nel suo tempo, come l’uomo senza qualità, in modo arguto e profondo ha già
colto.