Leggendo i Casi clinici di Freud ci si imbatte in una sorta di imbarazzo causato da un lato da una originale sfacciataggine attraversata da venature ironiche, dalla schiettezza disarmante di un medico piuttosto indelicato, dall’altro da stonature decisamente conformistiche e piccolo borghesi. Quando Deleuze e Guattari criticano l’operato i Freud, giudicandolo omologante nella sua riduzione degli impulsi ad universali che spesso si fanno stereotipi, non avevano tutti i torti. Effettivamente Freud sembra violare ogni particolarità del paziente a botta di interpretazioni razionalistiche, pretendendo di cancellare il dolore e il disagio con la riduzione di un complesso di emozioni, paure e desideri a poche figure, spesso solo ad una sola: il padre.
Il racconto che Freud fa dei suoi casi clinici è simile ad un giallo: ogni sintomo nasconde una causa psichica, affettiva ed esperienziale al quale può e deve essere ricondotto. E lo psicoanalista è una sorta di Sherlock Holmes che investiga sul perché delle fobie e sulle cause da cui hanno origine i simboli elaborati dai pazienti sia durante il sonno che durante la veglia. Vi è un filo conduttore che lega ogni gesto della nostra vita. Il filo più spesso è proprio quello che non conosciamo, che collega i gesti per noi più insensati e sconclusionati: è come un Lete che scorre al di sotto dei nostri pensieri diurni nel quale noi gettiamo tutto ciò che ci turba, che reputiamo inutile allo svolgimento della nostra vita e delle funzioni sociali, i cui contenuti però cercano nuovamente di emergere attraverso forme fantasiose e terribili, spingendoci ad avere comportamenti che mai avremmo pensato di tenere.
Nei casi patologici di cui Freud ci parla i sintomi, le nevrosi, le ossessioni, gli isterismi rendono impossibile la conduzione della propria vita: il malato di nervi è incarcerato nelle sue paure, ossessionato dai suoi demoni, non riesce a diventare l’adulto che dovrebbe diventare. La psicoanalisi ha come fine principale la guarigione dei pazienti, ovvero la scomparsa quasi completa dei sintomi e la possibilità di poter riprendere la propria vita. La terapia psicoanalitica è un processo di liberazione dalle gabbie dei sogni e dell’infanzia diventati spettri persecutori per poter diventare soggetti adulti e autonomi. Il lato conformistico e omologante denunciato dai due autori dell’Anti-Edipo è evidente: un soggetto adulto e completamente sano può svolgere le funzioni che gli sono state attribuite dalla società e assumere un contegno dignitoso e decoroso nel pubblico consesso.
La storia di Dora è la storia di una guarigione che lascia l’amaro in bocca. Dora è una ragazza combattiva, caparbia, che scopre attorno a sé un mondo familiare ipocrita e sordido, segnato dalla malattia e dalla menzogna, da fantasmi che ossessionano tutta la sua adolescenza e che ne fanno l’isterica più famosa al mondo.
Nonostante l’assenso alla critica di Deleuze e Guattari, è difficile non apprezzare il lavoro narrativo svolto da Freud. La storia di Dora ricorda la storia raccontata da Hegel nella Fenomenologia dello Spirito: uno spirito tormentato alla fine fa pace con il mondo, pace rasserenante e un po’ triste, perché necessariamente mescolata con la rassegnazione e l’adattamento. Avremmo forse preferito che l’isterica non fosse mai domata e che magari il mondo si fosse adeguato un po’ di più alle sue pulsioni.
Uno dei meriti principali di Freud, dovuto a mio avviso proprio alla sua impostazione razionalistica, è quello di riuscire a ricostruire coerentemente la storia del paziente, in modo da restituirci un carattere complesso e un ambiente familiare e sociale articolato. Nel tracciare i sintomi di Dora, Freud disegna la scenografia di questa storia, la Vienna dei primi del Novecento, segnata da una cultura profondamente tradizionalista, in cui il padre rappresenta un’autorità molto forte e un punto di riferimento.
Sulla questione del padre vorrei aprire una parentesi, prima di passare al caso specifico di Dora. Freud è stato molto criticato dalle generazioni di psicoanalisti e filosofi degli anni ’70 e ’80 del Novecento per la centralità che egli attribuisce al padre e all’ambiente familiare, piuttosto che all’ambiente sociale. Si è legata questa centralità al metodo dialettico e, in fondo, piuttosto tradizionale con cui il padre della psicoanalisi affronta i disagi dei suoi pazienti. Freud cerca di guarire queste persone mitigando e ordinando quanto più possibile il caos che hanno dentro, riportando l’ordine e la disciplina laddove regnavano la ribellione delle pulsioni e il caos emotivo. A mio avviso questa critica postmoderna è un po’ troppo semplicistica e affrettata: sulla questione della centralità del padre, Freud ha avuto il merito di descrivere dall’interno dell’inconscio, dal profondo, la società patriarcale. Il padre è centrale non perché lo decide Freud ma perché è la figura del potere, è temuto e amato, è colui che impone la legge ai suoi figli. Nell’Europa dei primi del Novecento vi erano ben tre imperi, le nazioni e non soltanto le famiglie erano guidate da un padre autoritario che decideva delle sorti dei suoi sudditi. Inoltre Freud, in quanto medico privato, ha come modello le famiglie borghesi benestanti della capitale austriaca, non può attingere ad una vasta gamma di umanità. In questi nuclei familiari è il padre a mantenere la famiglia, è il centro di ogni decisione e condiziona la vita dei figli. Il padre giudica il fidanzato o la fidanzata del paziente (come accade nel caso dell’uomo dei topi), decide la carriera e il matrimonio dei propri figli, stabilisce i principi dell’educazione che questi devono ricevere. Vedremo come, nel caso di Dora, tutta la famiglia fosse costretta a trasferirsi in una località di villeggiatura a causa della malattia del padre, una brutta sifilide che gli causa una serie di problemi respiratori. La malattia del padre condiziona la percezione e l’idea che Dora si farà della sessualità e sarebbe stato difficile supporre il contrario. Riguardo invece all’eccessiva causalità che interviene nel creare il filo conduttore tra esperienze, affetti, simboli onirici e sintomi, probabilmente questi risultano spesso un po’ forzati, ma il risultato finale è la storia del paziente. Attraverso la connessione di sintomi ed esperienze frammentate, Freud ricostruisce la personalità di un individuo, senza la pretesa di essere pienamente esaustivo. E possiamo immaginare che anche il paziente si senta sollevato da questa ricostruzione, potendo guardare i propri incubi assumere un senso storico e personale ben preciso, che poter assistere alla trasformazione dei fantasmi in figure ed esperienze concrete aiuti ad affrontarli o ad accettarli, a seconda dei casi.
Un’ultima breve aggiunta: che il soggetto integro e coerente con se stesso sia una figura omologante e opprimente non è sempre e universalmente valido. Per Deleuze e Guattari il disordine delle pulsioni è una delle poche vie di fuga da un sistema di controllo e di dominio totalizzante, come quello del regime capitalistico. Ricostruire il soggetto significa ricostruire il soldatino del capitale. Meglio la follia che genera caos piuttosto che la lucida follia dell’ordine capitalistico di produzione e di organizzazione sociale. Il dubbio che mi pongo e che si rafforza leggendo i casi clinici, è questo: come può un uomo preda dei suoi fantasmi non essere preda delle coercizioni psicologiche dell’ordine capitalistico? Se io continuo a temere mio padre senza nemmeno sapere di temerlo, allora temerò il mio professore universitario, e poi il mio datore di lavoro, e così via. Se scopro cosa mi fa soffrire posso recuperare quella potenza che avevo perduto a causa delle mie nevrosi e delle mie ossessioni. Se il malato di mente può essere un testimone della brutalità oppressiva della nostra società, violenta, competitiva, consumistica e ipocrita, purtroppo non può che essere vittima di quella violenza perché l’ha fatta sua, l’ha assorbita fino alle falde più profonde della sua personalità. Se, invece, quel malato diventa di nuovo soggetto, Ich kann, è possibile che diventi capace di resistenza attiva e di critica. In Freud quest’aspetto politico non viene affrontato, ma lo farà Herbert Marcuse a partire dagli strumenti che Freud mette a disposizione per questo tipo di riflessione.
Giovanni Boldini, Nudo coricato di giovane donna buona, 1890 |
La storia di Dora parte da questo gesto di rifiuto e di ribellione che è costituito da un grumo emotivo profondo e complesso. È come se tutte le sue forze, i suoi desideri, il suo orgoglio e le sue paure si fossero concentrate in quel gesto di rifiuto. Un rifiuto forte, intenso e ostinato. In quella reazione Freud vede una storia di pulsioni e pensieri nascosti, una vita sessuale vivace e tormentata, fatta di segreti che Dora vuole preservare ma che ormai sono maturi per venir fuori e trasformarsi in pulsioni sociali e affettive manifeste.
Uno dei punti centrali dell’analisi è il primo dei due sogni di Dora che Freud racconta. La ragazza è nel suo letto, mentre intorno la casa va a fuoco. Ai piedi del letto i suoi genitori, suo padre e sua madre che vorrebbe salvare assolutamente un portagioie, mentre il padre affretta l’uscita dalla stanza. L’interpretazione di Freud è celeberrima: il centro del sogno è lo scrigno, simbolo della vagina, che va portata in salvo, tutelata e protetta da eventuali pericoli, soprattutto dal fuoco della passione.
Questo sogno mette in luce la preoccupazione di Dora di cedere alle proposte del signor K. nei confronti del quale nutre sentimenti ambivalenti. Dora è eccessivamente ripugnata da questo signore, segno che anche le più elementari e inconsce pulsioni erotiche sono rimosse e soffocate da altri sentimenti che la tormentano. In primo luogo c’è l’associazione tra malattia e sessualità che Dora fa sin dall’infanzia a causa della malattia del padre. La figura del padre, inutile anche dirlo, è centrale: su di lui si concentrano tutte le energie della madre e dei coniugi K., in particolare della signora, con la quale il padre ha una relazione amorosa. C’è il senso di colpa: Dora da un lato accusa il padre di essere sleale e lo incolpa per questa relazione, sentendosi usata e strumentalizzata dal genitore che approfitta dell’affetto di lei nei confronti dei K. per coprire la sua relazione illegittima. Ma, d’altro canto, Dora si rende conto di aver sempre saputo di questa relazione e di averne approfittato ella stessa per stare quanto più tempo possibile con il signor K., da cui è profondamente attratta. C’è la rabbia nei confronti della signora K., con cui la ragazza ha un rapporto molto intimo: Freud durante l’analisi scopre che la signora K. è stata sua mentore nelle questioni riguardanti la sessualità e depositaria delle sue confidenze più intime. Quando la ragazza denuncia alla famiglia il comportamento del signor K., la signora utilizzerà le confidenze fatte da Dora per delegittimarla e farla passare per una ragazza di facili costumi.
Quello attorno a Dora è un piccolo mondo che pian piano cade a pezzi: le ipocrisie dei genitori, degli amici di famiglia, delle istitutrici, i rapporti opachi che legano tra loro i membri di questa famiglia si manifestano alla coscienza di Dora in modo evidente grazie alla pratica psicoanalitica. La percezione di queste ambiguità aveva dato forma all’isteria di Dora, trasformando in spettri e in sintomi la sofferenza che questa situazione le causava. La malattia è un rifugio da una verità triste e dolorosa ed è il tempo che la ragazza si concede per fantasticare ancora un po’ prima di diventare adulta.
Dora guarirà e conseguentemente si sposerà: riprodurrà il modello famigliare e relazionale dei suoi genitori, magari ne replicherà le stesse ipocrisie e le stesse menzogne. Freud parla di una donna finalmente serena, che ha superato l’isteria caratterizzante la sua adolescenza. Così come nella filosofia di Hegel il figlio che non accetta più il potere del padre diventa padre a sua volta, nel caso di Dora la sua isteria è il suo modo di mettere in discussione le figure autorevoli della sua infanzia in modo da fondare un suo proprio nucleo familiare.
Ciò che viene replicato e che mai viene messo in discussione, né da Dora e né tantomeno dal suo medico, è il modello familiare. In questa guarigione che è anche un processo di crescita e maturazione, Dora ha perso qualcosa della sua intransigenza e della sua caparbietà, addolcendosi, facendosi moglie dopo essere stata isterica.
Bibliografia
Deleuze, G. & Guattari, F. (1975), L’Anti-Edipo. Capitalismo e schizofrenia. Torino: Einaudi.
Freud, S. (2010), Casi clinici, Roma: Newton Compton.
Marcuse, H. (2001), Eros e civiltà, Torino: Einaudi.