Il Primo Manifesto del Surrealismo, del 1924, proclama l'allontanamento da qualsivoglia forma di realismo e razionalità: l'arte è il luogo in cui il vero e l'immaginario si incontrano, in una dimensione distorta che riesce ad illuminare la parte più recondita della nostra mente. L'inconscio è il filo rosso attraverso cui si snoda l'investigare della coscienza, la possibilità di andare finalmente oltre le "realtà sommarie" e di approfondire l'abisso interminabile dell'immaginazione, onnipotente trasmettitore di informazioni. Nel Manifesto André Breton scrive:
«Il sogno si trova così ridotto a una parentesi, come la notte. E come questa, in generale, non porta consiglio. [...] E poiché non è affatto provato che "la realtà" che mi occupa sussista allo stato di sogno, che non precipiti nell'immemorabile, perché non concedere al sogno ciò che a volte rifiuto alla realtà, ossia quel valore di certezza in sé che, per il tempo che dura, non è esposta alla mia sconfessione? Perché non mi aspetterei dall'inizio del sogno più di quanto non aspetti da un grado di coscienza sempre più elevato? Il sogno non può essere anch'esso applicato alla soluzione dei problemi fondamentali della vita?»
Ecco che viene a crearsi un linguaggio assolutamente lontano da quello stereotipato della tradizione e, con esso, un mondo nuovo, sintesi perfetta tra il reale e l'irreale: il surreale, la verità che nasce non dalle inconciliabili opposizioni, ma dalle antitetiche compenetrazioni.
La prima scena di Un chien andalou, film manifesto girato da Luis Bunuel (anche sceneggiatore assieme a Salvador Dalì) nel 1929, si presenta proprio come la rappresentazione visiva di un intento: il regista invita lo spettatore a sbarazzarsi delle proprie abitudini epistemologiche, lasciandosi abbandonare al flusso di quel impossibile-possibile che non è più licenziato come indegna rappresentazione, ma è valorizzato e innalzato a terza realtà altra e amalgamante.
Un chien andalou, regia di Luis Bunuel (1929) |
La scrittura è intesa come "automatismo psichico": parole e immagini si impongono spontaneamente con la veemenza dell'inconscio. La poesia parla per immagini non del tutto afferrabili perché associate, come in sogno, a parole talvolta slegate, quasi inopportune. È la forza dell'inconscio, la genesi di un pensiero decifrabile soltanto attraverso l'empirica sensazione che esso provoca.
Oggi la luce unica
Oggi l'infanzia intera
Mutando vita in luce
Non passato non domani
Oggi sogno di notte
Al gran sole ogni cosa si libera
Oggi io sono per sempre
È in questo contesto che si colloca il poeta Paul Éluard, pseudonimo di Eugène-Emile-Paul Grindel.
Egli nasce nel 1895 e nel 1923, dopo una parentesi Dada, aderisce attivamente al Surrealismo dell'amico Breton, con cui nel '33 firma diversi appelli in Francia contro gli imminenti pericoli che la presa al potere di Hitler in Germania avrebbe presumibilmente comportato. L'amicizia con Breton, però, è destinata a durare poco: mentre Breton si avvicina a Trockij, Eluard si avvicina ai comunisti. Durante la seconda guerra mondiale, Éluard si mobilita come sottotenente e, dopo la firma dell'armistizio nel '40, rientra a Parigi, dove poi si iscrive al partito comunista, che lavora in maniera clandestina. In questi anni scrive con lo pseudonimo di Jean du Haut, fonda il Comitato nazionale degli scrittori e pubblica Domaine français, antologia che raccoglie scritti di artisti non collaborazionisti. Se nella prima parte della propria produzione, egli scrive principalmente del tema dell'amore e parla del legame amoroso come l'unica chance per esistere nel mondo come uomo libero dal groviglio della solitudine, nella seconda parte di essa, che coincide con l'aumentare dell'interesse politico, i temi diventano la libertà, la giustizia, la pace. Ma, in fondo, l'amore di cui parla Éluard è da intendere, più in generale, come il rapporto con l'altro (e non solo l'altro-da-amare): come scriveva il buon vecchio Sartre, l'altro è ciò che mi fa esistere puntando il suo sguardo verso di me e facendomi altro-guardato. L'altro è condicio sine qua non per la mia esistenza nel mondo: mi sento parte del mondo solo quando un altro mi guarda. È in quel momento che esisto e mi rendo conto della pregnanza della mia esistenza in quanto uomo.
Éluard scrive:
Egli nasce nel 1895 e nel 1923, dopo una parentesi Dada, aderisce attivamente al Surrealismo dell'amico Breton, con cui nel '33 firma diversi appelli in Francia contro gli imminenti pericoli che la presa al potere di Hitler in Germania avrebbe presumibilmente comportato. L'amicizia con Breton, però, è destinata a durare poco: mentre Breton si avvicina a Trockij, Eluard si avvicina ai comunisti. Durante la seconda guerra mondiale, Éluard si mobilita come sottotenente e, dopo la firma dell'armistizio nel '40, rientra a Parigi, dove poi si iscrive al partito comunista, che lavora in maniera clandestina. In questi anni scrive con lo pseudonimo di Jean du Haut, fonda il Comitato nazionale degli scrittori e pubblica Domaine français, antologia che raccoglie scritti di artisti non collaborazionisti. Se nella prima parte della propria produzione, egli scrive principalmente del tema dell'amore e parla del legame amoroso come l'unica chance per esistere nel mondo come uomo libero dal groviglio della solitudine, nella seconda parte di essa, che coincide con l'aumentare dell'interesse politico, i temi diventano la libertà, la giustizia, la pace. Ma, in fondo, l'amore di cui parla Éluard è da intendere, più in generale, come il rapporto con l'altro (e non solo l'altro-da-amare): come scriveva il buon vecchio Sartre, l'altro è ciò che mi fa esistere puntando il suo sguardo verso di me e facendomi altro-guardato. L'altro è condicio sine qua non per la mia esistenza nel mondo: mi sento parte del mondo solo quando un altro mi guarda. È in quel momento che esisto e mi rendo conto della pregnanza della mia esistenza in quanto uomo.
Éluard scrive:
Non verremo alla meta ad uno ad uno,
ma a due a due. Se ci conosceremo
a due a due, noi ci conosceremo
tutti, noi ci ameremo tutti e i figli
un giorno rideranno
della leggenda nera dove un uomo
lacrima in solitudine.
La poesia diventa lo specchio del poeta, che deve immortalare le incongruenti libere associazioni dell'inconscio come in una fotografia. L'arte, in generale, è ciò grazie a cui si può indagare il dionisiaco: la vita non è fatta di minuzie logiche, ma di caos pungente, un non-detto sotteso eppur così vivido e presente. Ne Il lavoro del poeta, Éluard scrive:
Che siete venuto a prendere
Nella stanza familiare?
Un libro che mai nessuno apre
Che siete venuto a dire
Alla donna indiscreta?
Quel che non può ripetersi
Che siete venuto a vedere
In quel luogo in vista?
Quello che i ciechi vedono
Dopo la liberazione di Parigi (25 agosto 1944), riprende a pubblicare con il primo pseudonimo. Gli anni successivi sono ricchi di viaggi di impegno letterario e politico, vari i suoi interventi sul valore della democrazia. Nel 1951 si reca a Praga in occasione di una mostra dedicata a Majakovskij. La morte sopraggiunge nel 1952 a seguito di un violento attacco cardiaco.
Su quaderni di scolaro
Su i miei banchi e gli alberi
Su la sabbia su la neve
Scrivo il tuo nome
Su ogni pagina che ho letto
Su ogni pagina che è bianca
Sasso sangue carta o cenere
Scrivo il tuo nome
Su le immagini dorate
Su le armi dei guerrieri
Su la corona dei re
Scrivo il tuo nome
Su la giungla ed il deserto
Su i nidi su le ginestre
Su la eco dell'infanzia
Scrivo il tuo nome
Su i miracoli notturni
Sul pan bianco dei miei giorni
Le stagioni fidanzate
Scrivo il tuo nome
Su tutti i miei lembi d'azzurro
Su lo stagno sole sfatto
E sul lago luna viva
Scrivo il tuo nome
Su le piane e l'orizzonte
Su le ali degli uccelli
E il mulino delle ombre
Scrivo il tuo nome
Su ogni alito di aurora
Su le onde su le barche
Su la montagna demente
Scrivo il tuo nome
Su la schiuma delle nuvole
Su i sudori d'uragano
Su la pioggia spessa e smorta
Scrivo il tuo nome
Su le forme scintillanti
Le campane dei colori
Su la verità fisica
Scrivo il tuo nome
Su i sentieri risvegliati
Su le strade dispiegate
Su le piazze che dilagano
Scrivo il tuo nome
Sopra il lume che s'accende
Sopra il lume che si spegne
Su le mie case raccolte
Scrivo il tuo nome
Sopra il frutto schiuso in due
Dello specchio e della stanza
Sul mio letto guscio vuoto
Scrivo il tuo nome
Sul mio cane ghiotto e tenero
Su le sue orecchie dritte
Su la sua zampa maldestra
Scrivo il tuo nome
Sul decollo della soglia
Su gli oggetti familiari
Su la santa onda del fuoco
Scrivo il tuo nome
Su ogni carne consentita
Su la fronte dei miei amici
Su ogni mano che si tende
Scrivo il tuo nome
Sopra i vetri di stupore
Su le labbra attente
Tanto più su del silenzio
Scrivo il tuo nome
Sopra i miei rifugi infranti
Sopra i miei fari crollati
Su le mura del mio tedio
Scrivo il tuo nome
Su l'assenza che non chiede
Su la nuda solitudine
Su i gradini della morte
Scrivo il tuo nome
Sul vigore ritornato
Sul pericolo svanito
Su l'immemore speranza
Scrivo il tuo nome
E in virtù d'una Parola
Ricomincio la mia vita
Sono nato per conoscerti
Per chiamarti
Libertà.
(traduzione di Franco Fortini)
Se volete leggere le poesie di Paul Éluard, vi consigliamo Poesie e Poesia ininterrotta, entrambi editi da Giulio Einaudi Editore.
Curiosità:
- Ne La vita è altrove Milan Kundera scrive:«Strane coincidenze! Jaromil, che nello stesso periodo spiava per intere giornate l'occhio piangente di Magda, conosceva molto bene il fascino della tristezza e vi si immergeva completamente. Sfogliava ancora il libro che gli aveva prestato il pittore, leggeva e rileggeva senza fine le poesie di Éluard e si lasciava rapire da alcuni versi: Aveva nella pace del suo corpo una pallina di neve del color dell'occhio; oppure: in lontananza il mare che il tuo occhio bagna; e: Buongiorno tristezza sei iscritta negli occhi che amo. Éluard divenne il poeta del placido corpo di Magda e dei suoi occhi bagnati dal mare delle lacrime; tutta la propria vita gli pareva racchiusa nella magia di un solo verso: Tristezza bel volto. Sì, era Magda: tristezza bel volto.»
- Nel film francese Guernica (regia di Alain Resnais e Robert Hessens, 1950), l'attrice María Casares recita un poema di Paul Éluard.
- Nel film Agente Lemmy Caution: missione Alphaville (regia di Jean-Luc Godard, 1965), il protagonista legge alcune poesie tratte da Capitale de la douleur di Paul Éluard.
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-4575?f=a:715>
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