Dopo averci ammorbato con una saga di ben dieci libri (che poi si sono rivelati, a sorpresa, undici), Terry Goodkind non si è dato pace. Ha scritto un altro libro, direte. No, ha proprio iniziato un’altra saga. Sempre sugli stessi maledetti personaggi. Quindi in realtà non è un’altra saga, ma sempre la stessa che non ne vuole proprio sapere di avere fine. Ma finché la lettura è piacevole, che problema c’è?
La lettura di questo «primo romanzo della serie di Richard e Kahlan» (cito dalla copertina) in effetti è piacevole. Non del tutto soddisfacente ma piacevole. All’inizio riempie di curiosità, con questa gragnola di profezie che piovono sui personaggi all’improvviso, in una ciclica ricorrenza che ha del macabro e del perturbante.
Sulla questione della profezia, che è il filo portante della narrazione, devo spendere due parole. La vicenda è ambientata in un mondo in cui la magia e la profezia come sua manifestazione sono incluse in una concezione metafisica ricca di risvolti teologici. Apprezzo la costruzione di Goodkind in questo senso. Ma dove l'autore fallisce miseramente è il tentativo (imbarazzante) di filosofare sulla visione teleologica del mondo, sulle intuizioni profetiche, sull'onniscenza di Dio, sul libero arbitrio... Temi evidentemente delicati e degni di una riflessione approfondita che va ben oltre le competenze manifestate da Goodkind (che veste molto meglio i panni del narratore che quelli dello pseudo-filosofo) in questo libro.
In ogni caso, l’oscurità cerca altra oscurità e si insinua nel Palazzo del Popolo, turbando i protagonisti che, dopo anni di guerra, iniziavano ad illudersi di poter condurre una vita serena. Il nemico è invisibile ed insidioso, sembra poter spiare Richard e Kahlan tramite gli specchi e lo stesso buio notturno. Io nutro una profonda paura dell’abbinamento specchi-buio fin dalla più tenera età, e avrei trovato tutto davvero inquietante se ad un certo punto Samara non avesse fatto una capatina (senza peraltro alcun seguito, ma forse a ciò rimedieranno i prossimi libri) gettando sulla faccenda una luce un po’ ridicola. Samara, sì, quella di “The Ring”, o almeno una sua sosia molto credibile, benché anonima (pagina 162, leggere per credere).
Comunque, la storia sembra ingranare davvero con il ritrovamento della macchina dei presagi. Benché l’aspetto della macchina sia buffo e anacronistico (finestrella, lucina, fessura per erogare i presagi… Insomma, un distributore di bevande), devo rendere a Goodkind il merito di questo: è affascinante (nonché antico e riccamente sviluppato nella storia della letteratura) il tema di una macchina pensante. Una macchina che si esprime, benché cripticamente, interloquisce con chi la adopera, addirittura sogna… Misteriosa e malinconica, la macchina dei presagi mi ha coinvolto ed incantato.
L’incanto non è stato duraturo, però. A sfregiare un libro abbastanza avvincente (benché spesso barcollante e al limite del nonsense) c’è la forma, da un punto di vista editoriale più che letterario. Già leggendo altri libri della Spada della Verità sono incorsa in refusi a profusione e frasi che suonano veramente ma veramente male. Poca cura da parte della Fanucci Editore, ormai me ne sono fatta una ragione. Ma in questo libro si tocca veramente l’apice. Il merito credo sia dovuto ad una miscela esplosiva: traduzione pietosa ed editing inesistente. Se a ciò aggiungiamo un pizzico di Goodking-style (cioè sequenze illogiche, termini usati a sproposito e dialoghi ripetitivi fino al delirio), ecco il capolavoro.
Ad una sapiente combinazione di questi ingredienti dobbiamo perle come: «Sembrato che il terrore non dovesse mai terminare». O come: «Intendi che è sparito come se forse te lo stavi immaginando e ora te ne sei reso conto?», oppure «Kahlan non perse di vista delle occhiate di cuoio rosso davanti a Richard» (maledizione, cosa vuol dire non perdere di vista delle occhiate???).
Ma il clou lo abbiamo a cavallo tra i capitoli 33 e 34. Non posso riportare il brano integralmente per ovvi motivi di lunghezza e anche per evitare di dar luogo a qualche sgradevole spoiler, ma posso sintetizzarvi lo schema seguito dalla conversazione e riportarvi alcune battute significative.
Nicci: «Perché il libro non funziona come dovrebbe?»
Richard: «Non lo so.»
Nicci: «Devi aver appreso qualcosa.»
Richard: Sì, che «dovrebbe funzionare, ma semplicemente non lo fa». Se applichi le regole del libro per decifrare i simboli, ottieni «assurdità prive di senso».
Zedd: «Forse questo libro, Regula, in realtà non ha nulla a che vedere con la macchina.» Sei sicuro che ci sia un nesso tra i due?
Richard: Sì, perché questo simbolo qui, «che occupa l’intera pagina iniziale […] è lo stesso simbolo presente su tutti e quattro i lati della macchina».
Zedd: «Quello stesso simbolo è su entrambi, il libro e la macchina?»
Richard: Sì.
Zedd: Sai cosa voglia dire il simbolo?
Richard: «Temo di no.»
Zedd: «C’è questo sulla macchina? Lo stesso disegno?»
Richard: «Esattamente lo stesso simbolo». Solo che «pare che debba funzionare, ma non lo fa». Comunque questa roba sembra un nove [mezz’ora, anzi, tre pagine di discussione su cosa significhi il nove, con Nicci che sa tutto ma si diletta ad esercitare la maieutica socratica su Richard per costringerlo a indovinare]. Ma «perché il nove è alla rovescia?»
Zedd: «Alla rovescia?»
Richard: «Sì, l’intero simbolo è alla rovescia. Lo puoi capire perché anche il nove è alla rovescia».
Zedd: «Ma ora che lo fai notare, sembra proprio alla rovescia».
Richard: «Alla rovescia… proprio così! […] è alla rovescia. Tutto in questo libro è rovesciato».
Berdine: «Rovesciato?»
Richard: «É tutto rovesciato rispetto al modo in cui la macchina vede il simbolo».
Zedd: «Cosa vuol dire che è alla rovescia? Cos’è alla rovescia?»
Kahlan: I simboli sono tutti uguali. «Perciò cosa ti fa pensare che siano alla rovescia?»
Zedd: «Esatto». [Ma che risposta è???]
Richard: I simboli «sono tutti ribaltati» [almeno cambiamo vocabolo], «sono tutti sbagliati».
Zedd: «Se tutti quanti, in ogni posto, sono uguali, come possono essere tutti sbagliati?»
Nicci: «Come sai che sono sbagliati? Come sai che sono alla rovescia?»
Richard: «Perché questo è quello che vediamo quando guardiamo all’interno. Ma non è quello che la macchina vede».
Nicci: «Hai detto prima che è alla rovescia rispetto al modo in cui la macchina vede il simbolo».
Zedd: «Dunque?»
Richard: «Ebbene, tutti gli altri simboli –sui lati della macchina e nel libro- sono uguali» ma mentre la macchina vede un nove, «tu vedi il nove così: alla rovescia. […] Ma è alla rovescia dal punto di vista della macchina sul nostro mondo».
Kahlan: «Ma certo. Richard ha ragione. Questi sono tutti rovesciati».
Una conversazione fra sordi. Una vita per capire che i simboli sono tutti uguali e tutti rovesciati. E soprattutto una risata interminabile.
Ora, immaginate questa manica di deficienti alle prese con i soliti cattivi astutissimi e spietatissimi dei fantasy e otterrete il degno dodicesimo libro (checché se ne voglia dire, è un seguito dei primi undici! Che non mi si scocci con questa storia della nuova serie!) della Spada della Verità. Una trama abbastanza incasinata per incuriosire, con qualche elemento veramente pregevole di tanto in tanto (una su tutte, la bellezza tormentosa e struggente della figura delle Mord-Sith, benché si vestano e atteggino a signorine dedite al sadomaso… Ma questo è un altro discorso). Una lettura leggera e piacevole (e a tratti, come ho spiegato, imprevedibilmente divertente anche contro il manifesto intento dell’autore).
Ciao ragazze, ci siete mancate!
RispondiEliminaScusate se commentiamo solo ora, ma anche alle Jene si impalla interne :-(
Bella la presentazione di questo libro, ci ha fatto divertire: ovviamente non è una lettura per noi, di cretini in abiti finto medioevo ne abbiamo fin sopra i capelli!
Un abbraccio zamposo
Infatti è una lettura discutibile... Spero che dalla recensione sia emersa tutta la mia ironia :D
EliminaMi ero persa la saga precedente, nemmeno sapevo chi fosse codesto tizio ed ecco qui il vostro post.
RispondiEliminaAvrei potuto vivere tranquillamente senza sapere nulla in merito a Terry, ma senza questo post oggi non avrei riso di gusto e questo sarebbe stato tremendo.
Grazie ragazze, continuate così!
ps: ma che colloquio era quello fra Nicci e Richard?!
Era un colloquio al riguardo di questa macchina, erano ciarle inutili e ripetitive insomma xD Comunque... beh, il mio scopo era proprio fare ridere un po' e sono estremamente soddisfatta di avercela fatta. Perché non potevo non condividere quel brano... Veramente... Quando ho letto quella conversazione tra sordi ho pianto dal ridere!
EliminaBuongiorno ragazze,
RispondiEliminasiamo anche noi amiche di Audrey, siamo grandi lettrici e quindi come non iscriverci al vostro blog?
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Idgie e Ruth
Grazie ragazze e benvenute! Non mancheremo di ricambiare la visita :)
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