«E così siamo andati in pari: tu ripudiato dai tuoi genitori e io dai miei. Ma felici di quello che avevamo. L'esatto contrario di adesso, che abbiamo tutto in abbondanza tranne che l'amore.»
Non si tratta di un romanzo, ma di un testo per il teatro: sul palco ci sono Graciela, una donna benestante che festeggia il venticinquesimo anniversario di matrimonio, e un manichino sprofondato in poltrona, coperto dal giornale che finge di leggere, ossia suo marito.
Il lungo, a tratti disperato e rabbioso, a tratti innamorato monologo di Graciela si snoda tra i ricordi di un passato misero ma felice, le gelide constatazioni sullo stato attuale del suo matrimonio, i propositi furiosi per il futuro immediato. Ma, soprattutto, cade nel vuoto: il marito di Graciela (un manichino appunto) non spiccica parola per tutto lo spettacolo, non interviene neppure come protagonista dei ricordi narrati dalla donna, non batte ciglio nell'udire le memorie amareggiate di lei, né le sue minacce o i suoi scatti d'ira. La verità è che il marito di Graciela è sempre stato nei confronti esattamente quello che è nella messinscena teatrale: un manichino, un essere non-umano, indifferente ai sentimenti della moglie, un po' come lei adesso è diventata apparentemente impermeabile agli atteggiamenti irrispettosi di lui.
Che lui l'abbia amata in gioventù? Non ne siamo certi. Il loro è stato il classico matrimonio riparatore (la buona società commentò il felice connubio osservando che, aspettando ancora un poco, il pargolo avrebbe potuto fare da testimone). Osteggiato, per giunta, dalle rispettive famiglie. Così, un po' per incoscienza e un po' per ribellione, i due giovani (benestante e blasonato lui, di umili origini e fuggita di casa senza neppure gli abiti addosso lei) hanno coronato quello che era una specie di dispetto felice. E per i primi tempi, almeno, felice davvero, con lui che rinunciava alla ricchezza di famiglia per lei e trovava casa in un barrio popolare, con una sola amaca per due, un fornelletto e vecchie tubature gorgoglianti con l'alta marea. Ma poi, così come la giovinezza li aveva spinti verso ciò che era precluso e sconsigliato, ciò che sembrava amore e libertà, la riconciliazione di lui con i suoi genitori li aveva risospinti nell'alta società che avevano dribblato con orgoglio, li aveva ricacciati nel mondo patinato della vita borghese e del benessere economico che li avrebbe distrutti.
Carica di gioielli di famiglia e servita sul palcoscenico da muti servitori che fanno apparire e sparire vecchie amache e luminosi mobili da toletta nell'ondeggiante flusso di ricordi e attimi presenti, Graciela manca di tutto ciò che desidera profondamente, di tutto ciò che la fece imbarcare nell'avventura di quelle nozze maledette: il tema onnipresente in Gabriel García Márquez, l'amore. Nel corso del monologo riversa sul marito, che non ribatte perché non la
ascolta neppure, i rancori accumulati in una vita, insieme ma non davvero. È la sera del loro venticinquesimo anniversario, la festa è stata grandiosa ai limiti del buon gusto, tra gli invitati si scorgevano tutti quelli che contano qualcosa nel Paese, ossia (precisa Graciela) tutti i ricchi e i corrotti. C'era anche lei, volgare e più brutta di Graciela, l'amante fissa di suo marito: Graciela stessa ha voluto invitarla, per non dare a nessuno la soddisfazione del contrario, per farle vedere e toccare con mano il fasto che fa gola alle amanti povere ma che non basta a rendere felici le mogli, o almeno non lei. Ma la presenza di questa donna nel loro matrimonio, sebbene forse la più bruciante, non è l'unica umiliazione che Graciela ha dovuto subire: tutto il Paese ha letto sul giornale o sentito passare di bocca in bocca, nel corso degli anni, delle avventure galanti finite male, che hanno visto il marito di Graciela una volta bloccato in casa con una minorenne, una volta aggredito e minacciato, sempre e comunque diviso tra molte donne, più o meno occasionali. Mentre lei, Graciela, ha sempre rinunciato a tradire quel marito che pure lo avrebbe meritato, perfino quell'unica volta che provò ardentemente il desiderio di farlo e si rese conto che avrebbe potuto farlo senza sentirsi infedele. Graciela è rimasta negli argini della convenienza borghese, del buon gusto e dell'opportunità, del contegno signorile che ci aspettava da lei, della più elegante e matriarcale sobrietà, della necessità di una decorosa ipocrisia, fino al trionfo sociale di oggi, fino all'esplosione di tutte le contraddizioni del suo matrimonio in questo giorno di festa in cui non resta neppure una traccia d'amore, se non quella del sentimento intenso che Graciela ancora nutre per lui (ciò che le fa provare tanta rabbia, ciò che in parte la trattiene e in parte la spinge via), se non quella dell'amore venturo, che Graciela non è più disposta a sacrificare. Si tratta di una forma di riscatto radicale e viscerale: se non sarà amore, sarà la sua ricerca disperata, sarà la speranza di tornare felice come lo era da povera, la fede che era solo sopita ma che ora, risvegliata, sarà inesauribile, in un amore che riempia la vita, le dia valore, la renda significativa e semplicemente bella.
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