Il primo personaggio a entrare in scena è il lavorio serrato delle macchine: una sequenza lunga e silenziosa mostra il processo totalmente automatizzato che trasforma un tozzo e robusto tronco in fiammiferi. Vengono mostrate in sequenza le diverse macchine in azione, senza intervento d'uomo, e il processo appare non solo intelligente ma svolto intelligentemente, come pensato, dai macchinari privi di pensiero. La protagonista femminile entra in scena subito dopo, in una breve sequenza che mostra il suo lavoro, controllare che le etichette siano poste nel modo corretto sulle confezioni dei fiammiferi: l'impressione è che il suo lavoro sia più ottuso di quello svolto dalle macchine e che lei sia lì per servire il loro sferragliare produttivo e creativo. Infine, il protagonista maschile è un cinico, un uomo benestante che riserva alla donna la sensibilità e la considerazione che, in effetti, si potrebbero riservare a una macchina.
L'operaia si chiama Iris e sembra vivere tristemente: lavora in solitudine e silenzio (tenta di confidare le sue più gravi preoccupazioni ad un'altra operaia che con un "Davvero?" si allontana), sull'autobus che la porta in fabbrica legge un vacuo harmony che la distragga.
Vive nella completa alienazione materiale: la sua paga mensile (secondo la legge del mercato, l'equivalente delle ore che ha venduto alla produzione di fiammiferi) passa dalle sue mani come da quelle di un intermediario disinteressato per finire in quelle del nullafacente patrigno e della gelida madre. Quando, in un giorno di paga, Iris decide di comprare un abito grazioso e rincasa con lo stipendio già decurtato di quella somma, il patrigno reagisce con rabbia, come se quel denaro non le fosse appartenuto affatto. La schiaffeggia («Puttana!») e sua moglie lo sostiene, bisbigliando alla ragazza che deve riportare immediatamente l'abito in negozio.
Vive nella completa alienazione materiale: la sua paga mensile (secondo la legge del mercato, l'equivalente delle ore che ha venduto alla produzione di fiammiferi) passa dalle sue mani come da quelle di un intermediario disinteressato per finire in quelle del nullafacente patrigno e della gelida madre. Quando, in un giorno di paga, Iris decide di comprare un abito grazioso e rincasa con lo stipendio già decurtato di quella somma, il patrigno reagisce con rabbia, come se quel denaro non le fosse appartenuto affatto. La schiaffeggia («Puttana!») e sua moglie lo sostiene, bisbigliando alla ragazza che deve riportare immediatamente l'abito in negozio.
Ovviamente la giovane disobbedisce e grazie al nuovo look più femminile la sera stessa fa conquiste, introducendo nella storia già di per sé molto triste lo squallido protagonista maschile, Aarne, che ancora una volta farà di Iris una cosa, come lo è in fabbrica e nella sua stessa casa, nella quale non è assolutamente amata né trattata umanamente.
Riflesso dell'alienazione materiale di Iris, è la sua estraniazione dall'ambiente circostante: si rifugia nei rari momenti di alterità, negli sprazzi di distrazione/novità che scuotano o facciano per un po' sembrare più lontana la sua routine (il capriccio dell'abito nuovo, l'avventura sentimentale, la lettura del romanzo d'appendice). Il telegiornale trasmette le notizie più sconvolgenti, dai fatti di piazza Tienanmen ad un incidente fra treni che ha causato centinaia di morti, e lei sembra non avvedersene minimamente. Mentre sullo schermo si susseguono immagini drammatiche, Iris pensa alla serata imminente e già si sente, in un contrasto stridente, la musica del locale.
Presa dalle proprie piccole cose, Iris sembra portare a compimento la trasformazione che hanno iniziato ad operare su di lei il lavoro totalmente macchinale che non richiede alcuno sforzo intellettivo o creativo e i rapporti sociali ridotti a cinico sfruttamento (economico da parte dei genitori, sessuale da parte di Aarne), al kantiano usare gli altri come mezzo. La società alienata ha realizzato l'involuzione, il blasfemo regresso da Adamo a fango: la persona è diventata cosa. La vita inautentica che Iris è costretta a condurre le fa perdere ogni traccia residua di umanità, la precipita nel totale disinteresse per i centinaia di morti e feriti di cui parla il telegiornale, nel vuoto egoismo che ripone più interesse in un abito nuovo che nella vita delle altre persone, nel modo di vivere più opaco, privo di affetto per i propri cari, fino all'epilogo estremo.
"La fiammiferaia" è la terza incursione di Kaurismäki nel mondo dei "perdenti", è la cupa esplorazione delle condizioni sociali che mettono a rischio l'umanità dell'uomo, costringendolo in un'esistenza indegna, in cui isolamento, concorrenza e cinismo impediscono all'uomo di riconoscere come persone (propriamente umane, portatrici di diritti, bisogni e sofferenze) gli altri ma anche se stesso.
"La fiammiferaia" è la terza incursione di Kaurismäki nel mondo dei "perdenti", è la cupa esplorazione delle condizioni sociali che mettono a rischio l'umanità dell'uomo, costringendolo in un'esistenza indegna, in cui isolamento, concorrenza e cinismo impediscono all'uomo di riconoscere come persone (propriamente umane, portatrici di diritti, bisogni e sofferenze) gli altri ma anche se stesso.