martedì 5 maggio 2015

Storie di "quotidiana" follia: un piccolo viaggio nel mondo dei quotidiani nazionali

In questo post vorrei compiere un piccolo viaggio nel mondo dei quotidiani nazionali, prendendo in considerazione un frammento di questo mondo intricato e spesso difficile da comprendere, il mondo dell’informazione. Vorrei analizzare un evento, il modo in cui è stato raccontato, cercando di far emergere le implicazioni politiche, ideologiche, che sempre sono in gioco quando si narra qualcosa, quando si cerca di esporre un “fatto” così come si è verificato. I quotidiani che ho scelto, l’evento che ho scelto, limitano fortemente questo tipo di riflessione, che richiederebbe una pazienza e una conoscenza che io non ho, e perciò mi scuso anticipatamente. Se però ho avvertito l’esigenza di fare questo tipo di riflessione, e di esporla alla vostra attenzione, è perché ritengo che non basta semplicemente leggere, ascoltare, ricevere passivamente le informazioni, ma confrontarle, elaborarle, riflettere sulle questioni per cercare di capire qualcosa del nostro presente. In un mondo in cui l’informazione è ben organizzata, amministrata, in cui riceviamo le notizie anche contro la nostra volontà, non basta essere “informati”. Essere informati significa cogliere la complessità dei messaggi che riceviamo, i quali sono sempre più e sempre meno della “cosa” che ci viene trasmessa attraverso il messaggio.

Fatta questa premessa, l’evento che ho scelto è l’incontro tenutosi ad aprile tra Barack Obama e Matteo Renzi. I quotidiani presi in considerazione sono “la Repubblica”, il “Corriere della sera”, “il manifesto” e “Il Fatto Quotidiano”, in particolare ho scelto gli articoli on-line, di facile reperibilità.
Comincerò dai primi due quotidiani citati. Titolo di “Repubblica” del 17 aprile: «Casa Bianca, Obama a Renzi: “Impressionato dalle tue riforme”. Il premier: “Usa nostro modello”». Segue l’articolo in cui si procede con una descrizione dettagliata dei gesti e delle battute che i due leader si scambiano: Renzi porta in dono una bottiglia di vino toscano, Obama dice “Farò rapporto su questo vino!”, grasse risate, strette di mano vigorose, sguardi d’intesa e bacetti volanti, Obama che dichiara di sentirsi italiano perché gli piace il cibo. L’incontro prosegue all’insegna della cordialità, ma qui riporto la citazione perché ne vale la pena:

L'uscita di scena dalla sala della conferenza stampa, ancora all'insegna della cordialità. Barack Obama e Matteo Renzi si sono stretti con vigore la mano. Mentre raggiungevano la sala da pranzo, il presidente Usa ha accompagnato il premier italiano con una mano sulla spalla.

Se giocassimo a sostituire i nomi di Obama e Renzi con quelli di Hitler e Mussolini otterremmo un bel cinegiornale degli anni Trenta!
Ma tra baci e abbracci, strette di mano e bottiglie di vino, si presuppone che i due presidenti si siano anche scomodati a parlare delle questioni politiche fondamentali. “Repubblica” provvede ad illuminarci: Grecia. La Grecia deve rispettare i patti e pagare i debiti, inoltre deve realizzare le riforme richieste dall’Europa: riduzione della burocrazia e flessibilità (le parole d’ordine del governo Renzi? Ma che strana coincidenza…); Iran. L’Iran deve continuare a pagare le sanzioni finché non sarà ratificato l’accordo sul nucleare; Libia. Bisogna fermare il vergognoso traffico di migranti e far sì che il Mediterraneo non sia più un cimitero, ma questo non si può fare soltanto con i droni (magari facendo resuscitare Gheddafi). E infine Expo. E qui abbiamo la ripetizione della pantomima sul vino che occupa i tre quarti dell’articolo sull’incontro. Fine delle trasmissioni.
Il “Corriere” non si distingue particolarmente nel tono della narrazione. Ci si concentra soprattutto sull’atteggiamento dei due Presidenti, sulla loro stima reciproca, sul loro forte e imperituro sodalizio. Obama è innamorato dell’energia di Renzi. Si sa che l’energia è una delle categorie fondamentali per costruire delle partnership internazionali solide e costruttive, che è il motore fondamentale della politica estera! Ecco a voi alcune righe per dare l’idea del tono dell’articolo:
Un premier dinamico che vuole le riforme: inizia con una sfilza di complimenti la conferenza stampa congiunta tra il presidente Usa Barack Obama e il premier Renzi, in visita alla Casa Bianca. L’ex sindaco ha impressionato Obama «per l’energia» profusa nell’azione politica.
Dopo aver analizzato questa “sfilza di complimenti”, vorrei sottoporre alla vostra attenzione un altro articolo di “Repubblica”, decisamente più sottile. Titolo del 19 aprile: «La confidenza di Renzi ad Obama: “Pse, nuovo nome, non socialista, ma democratico”». Il ragionamento è più o meno questo: Renzi, il grande rottamatore della vecchia e immobile classe dirigente, ha un sogno. Cambiare il nome del Partito Socialista Europeo, avvicinandosi ai democratici d’oltreoceano. Renzi è stato colui che ha fatto sì che il PD entrasse a far parte dell’internazionale socialista, segno del suo approccio “post-ideologico”. Un tempo, tra i vecchi “Pterodattili”(sto citando letteralmente) dell’Ulivo e dei DS si discuteva se entrare o meno a far parte di questa grande comunità politica. Adesso la mossa successiva sarebbe quella di avvicinarsi agli Americani, dopo essere divenuti parte integrante del socialismo europeo. Ma, ahimè, il passo non è consequenziale: i dinosauri del socialismo francese e tedesco sono restii a questo passo. Una formalità o una questione di qualità? La questione è anche economica. Stando a quello che dice Repubblica, infatti, se i nomi corrispondono alle cose, come diceva Giustiniano (anche qui sto citando letteralmente l’articolo), cambiare il nome del Pse in “Pde”ci avvicinerebbe agli Usa (nostro modello, non dimentichiamolo) sia politicamente, in vista della candidatura di Hillary Clinton, sia economicamente. In che senso? Tra Usa e Ue c’è in corso una trattativa che riguarda il Ttip, “Transatlantic trade and investiment partnership”, un trattato commerciale che prevede l’abolizione dei dazi doganali ed una sostanziale omogeneizzazione dei sistemi economici. Dunque, riassumendo, il cambiamento del nome del Partito Socialista Europeo in Democratico, comporterebbe un avvicinamento “post-ideologico” alla politica economica degli Stati Uniti. Renzi sarebbe una delle punte di spicco di questo processo di rottamazione dei vecchi dinosauri socialisti europei, ancorati alle proprie “storie lunghe e onuste di gloria”.
Vorrei esporre altri due punti di vista sull’argomento, quello del “manifesto” e del “Fatto Quotidiano”, tentando poi di tirare le somme. Titolo del “Fatto” del 17 aprile: «Renzi alla Casa Bianca. Obama: “La Grecia prenda decisioni dure. Sì a flessibilità”». Niente vino, né battute di spirito o pacche sulla spalla, il problema immediatamente posto all’attenzione dei lettori è la questione della Grecia, la sua lotta contro la politica dell’austerità imposta dall’Europa. Dopo di che, si procede ad una carrellata delle questioni affrontate: l’Iran, la Libia, l’Ucraina, il Ttip.

Barack Obama, nella conferenza stampa alla Casa Bianca al termine dell’incontro col presidente del Consiglio, punta il dito sulla Grecia, che deve “iniziare a prendere decisioni dure”. (La sottolineatura è mia)

Titolo del “manifesto”, sempre del 17 aprile: «Renzi va a caccia di droni». La tesi dell’articolo è questa: Renzi ha un grande problema in Libia, e in particolar modo ce l’ha in Italia, con un’opinione pubblica ostile alle “ondate migratorie” degli ultimi tempi. Per risolverlo deve bloccare il flusso in Libia, impedire che questi poveri migranti siano oggetto di speculazione dei trafficanti, i quali devono essere fermati e puniti prima che arrivino in Italia. Per bloccare il flusso in Libia servono le armi, in particolare i droni, oggetto della caccia di Renzi. Ma cosa può dare Renzi in cambio? Innanzitutto, le truppe italiane dislocate in Afghanistan, il cui ritiro era previsto per settembre, resteranno lì fino a data da destinarsi. In secondo luogo, Renzi promette di imprimere una svolta per la ratifica definitiva del trattato commerciale con gli Stati Uniti.
Per Renzi, il 2015 sarà anche un anno «di svolta per il Ttip», l’accordo di libero scam­bio tra Ue e Usa con­tro cui si mobi­li­tano i movi­menti sociali con­tro il neo­li­be­ri­smo: «È un grande obiet­tivo — ha detto il pre­mier — come governo stiamo spin­gendo con grande deter­mi­na­zione». Le riforme? Una strada aperta «agli inve­sti­tori Usa che ora tro­vano in Ita­lia un mer­cato del lavoro più flessibile».


Gli articoli riportati sono evidentemente diversi fra loro. Ogni giornale ha la sua linea editoriale, dà la sua impostazione politica agli eventi narrati. Che non sia possibile descrivere un fatto così come accade “in sé”, a prescindere dalla prospettiva del narratore, è una banalità. Vorrei perciò tentare un’ulteriore distinzione. Vorrei distinguere, da un lato il tono del quotidiano “Repubblica”, e quello degli ultimi due quotidiani presi in considerazione. La differenza è che, mentre il “manifesto” e il “Fatto Quotidiano” narrano un evento a seconda della loro prospettiva politica, rivolgendosi alla sensibilità dei proprio lettori, “Repubblica” porta avanti una propaganda insopportabile. Evidentemente il “manifesto” è la voce più critica, è un giornale comunista e non potrebbe essere altrimenti: la critica nei confronti di una politica bellica e neoliberista è parte integrante di una critica al sistema, in cui i lettori di sinistra si riconoscono e che condividono. Anche l’impostazione del “Fatto” è critica, e la sua collocazione politica è ben riconoscibile: questo quotidiano si rivolge a lettori che sono sensibili alle questioni della politica europea, critici nei confronti della politica dell’austerità, vicini ai cosiddetti movimenti euroscettici. Le impostazioni di questi quotidiani sono riconoscibili, sappiamo che abbiamo di fronte una certa interpretazione della realtà, che muove da presupposti politici ben precisi.
Ma “Repubblica” è tutta un’altra storia. A mio parere non si può parlare, in questo caso, di una ben determinata e riconoscibile impostazione politica della narrazione dell’evento, ma di propaganda. Per quali ragioni? Negli articoli presi in considerazione ci si concentra non tanto sulle questioni politiche affrontate dai due leader, quanto sul loro atteggiamento esteriore: lo scambio di battute, le pacche sulla spalla, le strette di mano. Ciò su cui ci si concentra è la descrizione dei personaggi, la “parata” del potere: due grandi uomini si incontrano, e si piacciono. I problemi sui quali si discute sono affrontati superficialmente, con apparente “neutralità”. È questo l’aspetto che più mi ha colpita, soprattutto del primo articolo preso in analisi. È praticamente un collage delle battute che Obama e Renzi si sono scambiati. Più neutrale di così! Ma il modo in cui sono messi insieme, organizzati, proprio il fatto che il giornalista non abbia nessuna voce in capitolo rispetto a ciò che sta narrando, è ciò che desta più sospetto. Ed è ciò che mi ha dato l’impressione che si stesse descrivendo una parata, una patetica messa in scena, un teatrino del potere che noi lettori possiamo soltanto ammirare, come se stessimo guardando due star del cinema fare la sfilata al Festival di Venezia, vestiti elegantissimi e illuminati dai flash dei fotografi.
Il secondo articolo è anche peggio, ma ritengo che utilizzi un metodo leggermente diverso di propaganda: qui non c’è un semplice scambio di battute, anzi il giornalista argomenta facendo riferimento alla storia della sinistra italiana (il dibattito tra DS e Ulivo, la questione dell’internazionale socialista). Sembrerebbe che si stia dunque analizzando la questione da un punto di vista politico, invece la si analizza dal punto di vista del potere, il che a mio parere, è diverso. Se il giornalista avesse sostenuto con argomentazioni più o meno condivisibili, ma comunque razionali, la bontà della rottamazione di Renzi a livello europeo, non avrei avuto nulla da ridire. Ma è forse un’argomentazione razionale sostenere che Renzi vuole rottamare gli Pterodattili del socialismo europeo? Il linguaggio utilizzato è quello di Matteo Renzi, utilizzato da quest’ultimo per fare propaganda: dunque, la definizione di propaganda in riferimento a quest’articolo mi sembra legittima. Categorie concettuali come vecchio/nuovo, post-ideologico, non sono categorie politiche, non costituiscono un punto di vista, se non quello dell’ideologia del potere. Se tutto questo sia legittimo, lo lascio giudicare a voi.
Concludendo, mi sento di fare una precisazione, banale ma forse anche dovuta: anche la mia è un’interpretazione, come avrebbe detto Friedrich Nietzsche. A seconda dei punti di vista, delle prospettive da cui si guarda un fenomeno, questo assume aspetti diversi. Ma ciò non vanifica il tentativo di discernere i vari punti di vista, poiché essere in grado di giudicare significa proprio questo, essere capaci di fare delle distinzioni. E allora aggiungo i link degli articoli presi in considerazione, in modo che possiate giudicare da voi stessi, e magari, rifiutare completamente la mia interpretazione.

http://www.repubblica.it/politica/2015/04/17/news/renzi_incontra_obama_alla_casa_bianca-112196446/

http://www.repubblica.it/politica/2015/04/19/news/la_confidenza_di_renzi_a_obama_pse_nuovo_nome_non_socialista_ma_democratico_-112307981/

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04/17/renzi-incontra-obama-casa-bianca-presenti-kerry-vice-biden/1600978/

(Per consultare l'articolo del "manifesto" è necessario registrarsi sul sito)




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