«La vita è il futuro, non il passato.»
Cala rapidamente la sera e il freddo è intenso e pungente. Il cadavere di un soldato giace riverso nella neve e una ragazza, Jennsen, si ferma ad osservarlo. Incuriosita, lo fruga: tra le sue cose trova del denaro, un pugnale con la R della casata dei Rahl in rilievo sull'elsa e un messaggio che per lei equivale ad una condanna a morte. Non le resta che occultare il cadavere, avvisare la propria madre dell'allarme e darsi ad una fuga precipitosa, ma prima di riuscire ad allontanarsi Jennsen viene raggiunta da un giovane misterioso di cui non conosce le reali intenzioni.
Chi sperava di trovare nel settimo volume de "La spada della verità" i resoconti delle impavide gesta di Richard Rahl o i pettegolezzi freschi sulla sua comitiva non sarà soddisfatto prima delle ultime cento pagine. Spiazzante ma senza dubbio originale: il protagonista acclamato ed indiscusso della fortunata saga, infatti, non è che un personaggio marginale del volume. Il punto di vista è quello di Jennsen appunto, una ragazza praticamente priva di un'identità riconosciuta e di una vita propria. Il suo cognome è Rahl e suo padre, Darken, ha cercato di farla uccidere dai suoi quadrati fin dal giorno in cui ha saputo della sua esistenza. Tra fughe precipitose e immani sacrifici, Jennsen ha vissuto nel costante terrore di venire trovata e uccisa. Sua madre, unica persona che si curi di lei, l'ha addestrata all'uso del coltello nel timore, fondato, che prima o poi uno scontro armato sia inevitabile. Alla morte di Darken Rahl, la vita per le due giovani donne diventa ancora più dura, perché al tiranno succede Richard Rahl, un uomo ancora più temibile a sposato con una donna di rara crudeltà, la Madre Depositaria in persona.
Il totale capovolgimento dei punti di vista è la caratteristica principale e senza dubbio vincente di questo volume. Richard è il nemico, il "cattivone" di turno, e obiettivo della protagonista è quello di sfuggirgli e, se possibile, eliminarlo. Terry Goodkind ha abilmente intorbidito le acque e trasformato una sorta di esercizio di scrittura in un volume scorrevole e piacevolmente misterioso, perché imperniato sulla nozione, che non verrà chiarita fino all'ultimo, di "buchi nel mondo" o Pilastri della Creazione (titolo completo, in lingua originale, del volume).
I punti a sfavore sono una scarsa verosimiglianza in alcuni passaggi e qualche spruzzo di banalità qui e là. Su una struttura del tutto originale, come ho detto, per via del ribaltamento dei ruoli, è imbastita insomma una trama che è parecchio lontana dalla perfezione. Il finale è immensamente scontato e inoltre un po' precipitoso, ma segue il resto della storia meccanicamente e in perfetta logica (e soprattutto coerentemente al carattere volubile della protagonista, che a parer mio non brilla particolarmente per intelligenza).
Io non stravedo per la saga di Goodkind, ma ho trovato soprattutto quest'ultimo volume una lettura abbastanza piacevole e senz'altro leggera (solo 528 pagine e uno stile poco impegnativo).
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