martedì 12 aprile 2016

"Architettura e Individualismo" di Francesco Stilo

Le Scytes attaqués par Alexandre de Macedoine, 
jusques au milieu des déserts et des rochers qu'ils 
habitaient, dirent à ce conquérant: Tu n'es donc pas 
un dieu, puisque tu fais mal aux hommes! 

Tous les peuples de la terre diront à l'Alexandre 
du Nord: Vous êtes un homme! puisque vous voulez 
bien accueillir un systême social, qui contribuera au 
bonheur du genre humain.

[Così, l'architetto francese C. N. Ledoux (1736-1806) si rivolge a Sua Maestà l'Imperatore di tutte le Russie Alessandro I, nel presentare la sua opera "L'architecture considérée sous le rapport de l'art, des moeurs et de la législation".]


"L'unità" - Francesco Stilo


L'attuale crisi dell'architettura è determinata certamente da un complesso intreccio di ragioni che si mescolano ed emergono, con maggiore o minore forza, di volta in volta, condizionando e "compromettendo" il risultato, funzionale ed estetico, che l'architetto è impegnato a risolvere. Se da un lato, da un certo punto di vista propriamente interno alla disciplina, possiamo imputare parte delle responsabilità di questa crisi al recente sviluppo della tecnica, dal punto di vista degli strumenti del disegno, e da quello delle modalità costruttive (modellazione tridimensionale al personal computer, nuovi materiali, ecc), dall'altro, non possiamo non considerare un aspetto tanto sottovalutato quanto importante, qual è l'aspetto sociale di fondo che condiziona e interferisce con ogni attività messa in atto dal genere umano. La crisi delle ideologie, concretizzatasi a cavallo tra il vecchio ed il nuovo millennio, ha giocato certamente un ruolo di primo piano in questo senso, il passaggio da una dimensione collettiva ad una più propriamente individuale, in senso spinto, propria del mondo occidentale contemporaneo, ha fatto sì che l'opera architettonica, generalmente legata ad una visone specifica di ordine sociale e valoriale, si sia convertita, avvicinandosi in questo senso all'opera d'arte tout court, in una sorta di rivelazione intimista, espressione del singolo. L'architettura delle archistar, e se vogliamo lo stesso neologismo che pone l'architetto al pari di qualsiasi uomo di spettacolo, ci mette a disposizione una misura tangibile di questo passaggio, offrendoci, opere riconducibili all'autore al primo sguardo, opere strettamente legate al progettista, in evidente opposizione, molto spesso, con la realtà circostante. Così l'architetto, divenuto uomo di spettacolo riconosciuto e potente, in virtù della pervasività attuale della comunicazione massmediologica, impone la propria volontà e la propria idea personale indipendentemente dal contesto in cui va ad operare, non tiene conto quindi delle realtà storiche, sociali e culturali, che ogni luogo per sua natura rivela e racchiude. Tra i tanti esempi a disposizione, per ragioni contingenti, si può citare il progetto per il waterfront di Reggio Calabria eseguito dall'archistar irachena recentemente scomparsa Zaha Hadid. Senza voler formulare un giudizio di merito, ci si chiede, così di sfuggita, quali relazioni abbia il progetto proposto con la città dei bronzi e del bergamotto, con la storica Rhegion magno greca, con il mediterraneo. Un opera così concepita potrebbe benissimo essere collocata ovunque come in mezzo al deserto.
Con queste brevi considerazioni, non si vuol certo lasciare intendere l'idea sciocca che l'opera architettonica non debba contenere in sé l'impronta del progettista, questa sarà sempre visibile attraverso un'analisi più o meno approfondita del linguaggio architettonico, del segno e del simbolo; tuttavia è importante che l'individuo si confronti in quell'azione politica che lo vede impegnato nella ricerca di quella reciproca sintesi tra il sé e il collettivo, assumendo e interiorizzando quella consapevolezza per cui ad ogni azione, ad ogni progetto, corrisponde un preciso potere, una precisa volontà di agire sul mondo. Il fine dovrebbe essere il bene sociale, il bene per l'umanità nel suo complesso e non per l'individuo isolato e interiormente solitario che è destinato ad estinguersi. In questo senso, l'architettura delle archistar rivela tutta la sua debolezza concettuale e valoriale, rispecchiando perfettamente la crisi di un sistema sociale che rifiutando ogni punto fermo, ogni riferimento al "vero", se non il denaro, il capitale, contrastando il concetto di unità tra i saperi, brancola nel buio verso l'abisso.

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