sabato 26 ottobre 2013

L'ultimo dei poeti beat - John Giorno


Noi di Caratteri Vaganti non potevamo farci scappare un'occasione ghiotta come un incontro con quella "epifania poetica" che è John Giorno, l'ultimo dei porti beat. L'evento, organizzato al Cineporto di Bari il 7 Ottobre, nasce dalla collaborazione tra l'Università degli Studi di Bari e il Centro Studi di Apulia Film Commission e si propone di presentare al pubblico l'uomo che, ormai settantasettenne, ha realizzato una incredibile sinergia tra la voce e la poesia. Con Giorno, la "Spoken Word" diventa, infatti, essa stessa poesia, manifestandosi come ciò che fa parlare i caratteri "meramente" impressi sulla carta. La poesia è performance e il poeta è un modulatore di suoni, che usa la voce alla stregua della penna. Per un poeta di tal genere non si parla, dunque, solo di una bibliografia, ma di una vera e propria discografia: di John sono famosi l'lp del 1967 "Rasberry and Pornographic Poem" e il cd del 1993 "Cash Cow. The best of Giorno Poetry Systems, 1965-1993".


John Giorno durante una performance
L'approdo a questo tipo di scrittura parlante è stato sicuramente un approdo graduale in qualche modo influenzato dal lavoro della "Factory" warholiana. Ebbene, beat generation e pop art sono due mondi inconciliabili che, tuttavia, si sono amalgamati nella persona di John Giorno: «Sono stati una fonte di ispirazione. Loro facevano questo lavoro con la pittura e ho pensato: perché non fare la stessa cosa con la poesia?», ci dice John durante l'intervista coordinata dalla professoressa Francesca Recchia Luciani, docente di Storia della Filosofia Contemporanea. Così, al 1965 risale il progetto "Dial-A-Poem": chiunque, componendo dei numeri telefonici, poteva ascoltare cinque minuti di poesie perlopiù dal tema sensuale. Una provocazione, certo, ma anche il tentativo lucido e legittimo di dare spazio all'attività poetica: come ci suggerisce la professoressa, il tentativo era quello di portare la poesia dove era arrivata la pop art.
Warhol e Giorno divennero amanti e collaborarono per realizzare "Sleep" (1963), il primo film in cui il corpo di un uomo veniva presentato "come campo di luci e ombre": si trattò di riprendere John dormiente per 5 ore e 20 minuti.
Il documento visivo di Manlio Capaldi ci mostra il lato più intimo e sconosciuto della relazione tra i due: significativi sono il racconto della morte di John Fitzgerald Kennedy («La morte di J.F.K. sembrava indicare la morte delle certezze dei desideri di tutti») e la spiegazione del quadro che Warhol realizzò con una Jackie Kennedy devastata dal dolore, muta e implacabile nella sua bellezza perfetta.
Fu però un altro quadro a convalidare questa forte amicizia: "Bellevue I", del 1963, che poi Giorno vendette ad un collezionista. Anni dopo commentò: «Glielo vendetti...l'ultima benedizione degli anni '60!».


Andy Warhol, Jackie Kennedy, 1964


Andy Warhol - Bellevue I, 1963

John ci parla del suo passato con un sorrido nostalgico e, qualche volta, con una risata contagiosa. Se il pubblico gli chiede qualche aneddoto, eccolo mostrare una disponibilità incantevole e una simpatia straordinaria: nel 1958, quando era un anonimo laureato della Columbia University, andò ad una festa con una amica. Tra gli invitati spiccavano Jack Kerouac (che l'anno prima aveva pubblicato "On the Road") e Allen Ginsberg (che era ancora imputato per aver scritto "Urlo"). Il primo, con un evidente "gay behaviour", si avvicinò al novellino, ma la confusione non permetteva loro di capirsi. «Questo è un incubo! Jack Kerouac mi sta parlando e io non sento!» racconta Giorno, tra le risate del pubblico.




Gli occhi vispi di questo incredibile poeta ci colpiscono profondamente e si ergono a testimoni di una professione di fede: «La poesia, che è saggezza, sorge prima come luce e poi come suono. La poesia è parole, le parole sono suono, il suono è saggezza, la saggezza è luce. Detto altrimenti: la luce è saggezza e il suo suono è composto da parole che contengono la poesia. [...] Nella performance, la luce può divenire un punto morto se non la trasformi in un'energia che è calore, e il calore è sudore, e il sudore è il poeta che fluttua su questa soglia.» (La saggezza delle streghe, Stampa Alternativa, 2006)
La poesia ha a che fare con la fisicità, con una gestualità marcata che si imprime nello spettatore con una delicata violenza: la performance di John  Giorno è qualcosa che bisogna vedere almeno una volta nella vita perché, inesprimibile, è una di quelle esperienze che devono essere capite in quanto vissute e metabolizzate. Quando Domenico Brancale gli dice che qualcuno ha detto che la poesia è erezione, Giorno risponde: «Lo spero proprio!». Noi non possiamo che sorridere, ammirando la profondità dietro l'ironia, la poetica dietro la voce, la forza pimpante dietro il viso stanco di un settantasettenne.

Vi salutiamo con due regali: il primo è il video del singolo con cui i R.E.M., nel 2011, diedero l'addio alle scene musicali. Il secondo è un pezzo della performance di John del 7 Ottobre.



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