mercoledì 7 agosto 2013

Majakovskij e il cinema

«Per voi il cinema è spettacolo.
Per me è quasi una concezione del mondo.
Il cinema è portatore di movimento.
Il cinema svecchia la letteratura.
Il cinema demolisce l'estetica.
Il cinema è audacia.
Il cinema è un atleta.
Il cinema è diffusione di idee

[Cinema e cinema]

Se tutti collegano immediatamente il suo nome alla poesia, non tutti conoscono il Majakovskij grafico, drammaturgo, sceneggiatore e attore.
Alla composizione di liriche e poemi, Vladimir Majakovskij affianca una produzione teatrale abbastanza incisiva a partire dal 1913, anno in cui compone la tragedia inizialmente intitolata Strada ferrata e poi La ribellione degli oggetti, e che finirà con l'essere intitolata Vladimir Majakovskij a causa del felice sbaglio di un censore.
Nel 1918 viene messo in scena dal regista Mejerchol'd il dramma Mistero buffo (più tardi riconosciuto come il suo capolavoro teatrale) che tra balletti e dialoghi brillanti mette in scena la sopravvivenza e la convivenza al Polo Nord di quattordici capitalisti e quattordici operai, gli unici sopravvissuti al Diluvio Universale.
Il 1928 è l'anno de La cimice, pièce che racconta delle vicende surreali e grottesche di un operaio sposatosi con la figlia di un borghese e per errore imprigionato in un blocco di ghiaccio e conservato intatto fino ad un ipotetico 1979. Liberato dallo stato di ibernazione, l'operaio si ritrova in una società comunista perfettamente realizzata e impeccabile, al punto che è

sparita ogni più piccola traccia della borghesia. L'operaio viene studiato e sul suo corpo viene rinvenuta una cimice, rimasta congelata con lui e portatrice di germi della borghesia, per isolare i quali (e per mostrare al pubblico qualcosa di ormai estinto) vengono esposti, operaio contaminato e cimice, in un museo.
Allo spirito anti-borghese di Majakovskij (che rintracciamo anche in liriche come Della canaglia e di cui è emblema il celebre distico, improvvisato una sera al Caffè dei commedianti«Mangia ananassi e mastica fagiani, più non ti resta, borghese, un domani» che, si racconta, era sulle labbra dei marinai il giorno della presa del Palazzo d'Inverno) si affianca un'aspra intolleranza contro il burocratismo (espresso in poesie come Versi sul passaporto sovietico), e proprio la burocrazia è il bersaglio polemico e satirico della pièce del 1930, Il bagno.
L'interesse di Majakovskij per il teatro è da leggersi nella prospettiva della sua concezione dell'arte come qualcosa impossibile da incasellare in discipline a tenuta stagna. Fra le forme espressive e le diverse arti c'è una continua comunicazione, come si evince dal suono e dalla disposizione delle parole all'interno dei componimenti intesi come produzioni non solo letterarie ma anche grafiche e ritmiche o musicali. In quest'ottica tipicamente futurista, intesa a scardinare la tradizionale cesura tra le arti, risulta naturale il desiderio di Majakovskij di misurarsi in tutti i campi artistici, sfruttando diverse forme espressive, al punto da diventare già negli anni giovanili un discreto pittore.


L'allora nascente cinema cattura immediatamente l'attenzione e la fantasia di Majakovskij, che vede nella nuova arte non solo un nuovo sbocco per il suo estro, ma soprattutto una potente arma culturale. Egli identifica il verso con un proiettile, l'opera d'arte con «un'arma della classe», la rima con «una baionetta», e arriva a comporre due ordinanze per un vero e proprio «esercito dell'arte». Tuttavia, ai suoi occhi è subito chiara la superiorità del cinema rispetto alla poesia e ad ogni altra arte quanto a potenziale rivoluzionario: il film e il cinegiornale sono più pervasivi e suggestivi di un'opera scritta e raggiungono immediatamente ogni tipo di pubblico.
Majakovskij incontra il cinema nel 1913 e lo incontra come attore, interpretando una parte in Un dramma nel cabaret dei futuristi N. 13 di Kas'janov. L'estate seguente vede la pubblicazione da parte del poeta di tre articoli sul rapporto tra teatro e cinematografo sul Kinezurnal. Nel corso degli anni si affastellano gli scritti sull'argomento, e i temi trattati vanno dal dubbio (da Majakovskij decisamente dissipato) che il cinema possa uccidere il teatro, sulla possibilità che il cinema possa diventare un'arte autonoma, sulle ragioni di una presunta superiorità del cinema straniero su quello russo. Al cinema sono inoltre dedicati alcuni componimenti, tra cui Cinecontagio dedicata a Charlie Chaplin come all'incarnazione degli oppressi.
Majakovskij scrive tre sceneggiature per la casa cinematografica Neptun: La signorina e il teppista (tratto da una novella di De Amicis), Non nato per il denaro (tratto da un romanzo di Jack London) e Incatenata al cinema. Diventano tutte e tre dei film, e anche Lilja Brik (il grande amore del poeta) e Vladimir recitano delle parti.
Nel corso degli anni, Majakovskij scrive numerose altre sceneggiature ma non tutte si trasformano in film: Come state? (poi severamente censurata, in cui vediamo affacciarsi il tema del suicidio tramite il personaggio di una fanciulla che si toglie la vita sparandosi a una tempia, come farà lo stesso poeta pochissimi anni più tardi), Decembrino e Ottobrino, L'amore di Skafolijbov, Storia di una rivoltella, L'elefante e il fiammifero, Bambini (poi girato col titolo Tre), Via il grasso!. Nel 1920 realizza il film di propaganda Sul fronte.

Un'autentica presa di posizione teorica sul ruolo del cinema e sul suo auspicabile indirizzo giunge a maturità in Il cuore del cinema. La «fantasia-fatto in quattro parti con prologo ed epilogo» racconta il tentativo di imporre un tipo di cinema dal sapore "statunitense", con cowboy e detective, alla società russa. L'infelice storia d'amore di un imbianchino e di una bellissima proiettata sullo schermo si conclude con un fallimento del modello di cinema di
Il cuore del cinema è contenuto
nel libro "Cinema e cinema".
stampo capitalistico. La disfatta è rappresentata dalla pellicola che prende fuoco e dagli spettatori inferociti per la mancata proiezione che devastano il cinema, portando tra l'altro al fallimento il direttore della casa cinematografica, un uomo pingue con bombetta «che sta all'ombra di una bandiera straniera». Uno degli azionisti annuncia ad un gruppo di aspiranti attori che la società è fallita perché «le pellicole del nostro mondo non riescono a trovare posto e tranquillità nella vostra seria repubblica».
In chiusura, un operatore mostra ad una bella diciassettenne la sua ultima ripresa:

«12. Sulla gigantesca impalcatura di un gigantesco edificio in costruzione, un falegname, allegro e spensierato, dominando l'intera città, sta fissando una trave. [...]
14. Perché anche il cinema non dovrebbe rivolgersi alla vita reale? Quello che vediamo davanti a noi vale molto di più di Douglas

Ecco il proposito autentico di Majakovskij, ecco il perché del suo interesse non solo artistico

ma politico: il cinematografo non deve né può ridursi a mera evasione. Il suo enorme potere educativo e la sua potente carica di coinvolgimento popolare non può essere mutilata attraverso la produzione di pellicole e film volti ad un futile quanto sterile disimpegno. L'arte è un'arma politica e parimenti il cinema è uno strumento emancipatore messo a disposizione della classe lavoratrice (a patto di tenerlo il più lontano possibile della mentalità capitalistica, incarnata dal personaggio del produttore americano, che lo vuole mera e ottusa sorgente di profitto).
Il cinematografo non uccide l'arte né il teatro né l'uomo, ma li rinnova e svecchia, li emancipa ed educa, a costo di non diventare una fantasia che distoglie dal reale ma un occhio spalancato su di esso.

A chi di voi volesse approfondire l'argomento, suggeriamo:
  • "Cinema e cinema", Vladimir Majakovskij, Nuovi equilibri, 2006 (una raccolta di scritti sul cinema introdotti dall'interessante e puntuale Troppo rivoluzionario del curatore Alessandro Bruciamonti)
  • "Poesie", Vladimir Majakovskij, BUR, 2008 (che contiene la tragedia Vladimir Majakovskij; la poetica dell'autore e il suo teatro vengono ampiamente illustrati nella ricca introduzione di Stefano Garzonio).

Vi lasciamo con uno stralcio del film Baryshnya i khuligan (La signorina e il teppista) del 1918, interpretato dallo stesso Majakovskij, con la regia di Yevgeni Slavinsky. Buona visione!


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