lunedì 25 febbraio 2013

"Se una notte d'inverno un viaggiatore" di Italo Calvino

«Il romanzo che più vorrei leggere in questo momento, - spiega Ludmilla, - dovrebbe avere come forza motrice solo la voglia di raccontare, d'accumulare storie su storie, senza pretendere d'importi una visione del mondo, ma solo di farti assistere alla propria crescita, come una pianta, un aggrovigliarsi come di rami e di foglie...»

Il libro è una trama di universi che si avvinghiano, si incrociano, si attorcigliano. E si mescolano, finendo per coincidere e dilatarsi. Il romanzo che recensisco è un avviluppo di frequenze che si sovrappongono, portando in auge l'unico vero protagonista di ogni romanzo: l'atto stesso di leggere. Tu, lettore, «sei sempre uno dei tu possibili». "Se una notte d'inverno un viaggiatore" è una rincorsa che si lascia alle spalle le ambiguità di spazio e tempo, per riesumare qualcosa di simile ad un "mondo illeggibile, senza centro, senza io". Attraverso il libro, il non-tempo diventa tempo e la luce fioca di un'idea diventa faro nella notte. Italo Calvino non si smentisce: ogni frase che sorregge l'impianto del romanzo trasuda una genialità mai costruita. Il lettore (o forse dovrei chiamarlo il protagonista?) entra in questo claustrofobico mondo di incroci attraverso una cartina geografica che sottende misteriose viuzze. Come in due specchi che si riflettano, il libro sembra proiettarsi all'infinito verso il suo centro, senza mai raggiungere l'orizzonte. Eppure lo sfiora, come un centro di gravità permanente che risveglia passaggi nascosti dell'individuo che legge e a cui lo scrittore si rivolge, come coperto da un velo.


«- Il libro che cerco, - dice la figura sfumata che protende anche lei un volume simile al tuo, - è quello che dà il senso del mondo dopo la fine del mondo, il senso che il mondo è la fine di tutto ciò che c'è al mondo, che la sola cosa che ci sia al mondo è la fine del mondo.»

È il tu impersonale a diventare protagonista: la corsa contro il tempo è la corsa di ciascun lettore verso l'ultima pagina del libro, in cui la tensione tra romanzi possibili e romanzi divenuti si scioglie. Il lettore-protagonista si ritrova in mano dei libri di cui riesce a leggere solo l'apprezzabile inizio e la sua corsa è una corsa alla ricerca delle parti non-lette, di quelle parti che consentirebbero una completa fruizione della trama.

L'espediente narrativo è quello di interrompere la narrazione nel punto di massima trepidazione, inserendo magistralmente, attraverso la concatenazione di imprevisti e di coincidenze, inizi di nuovi romanzi invece che la continuazione di quelli vecchi. La storia nella storia provoca uno spasmodico desiderio di completezza che, pur rimanendo inappagato, riesce a tessere l'elogio dell'intimo rapporto che vige tra scrittore e lettore. Il romanzo è l'altare della scrittura, ma anche del non-scritto, del celato. "Un particolare riverbero di ciò che è scritto" sembra quasi scrostare il calcare dell'invisibile per dare finalmente posto all'immaginario, al latente. 

«Volare è il contrario del viaggio: attraversi una discontinuità dello spazio, sparisci nel vuoto, accetti di non essere in nessun luogo per una durata che è anch'essa una specie di vuoto nel tempo; poi riappari, in un luogo e in un momento senza rapporto col dove e col quando in cui eri sparito. Intanto cosa fai? Come occupi quest'assenza tua dal mondo e del mondo da te? Leggi; non stacchi l'occhio dal libro da un aeroporto all'altro, perché al di là della pagina c'è il vuoto, l'anonimato degli scali aerei, dell'utero metallico che ti contiene e ti nutre, della folla passeggera sempre diversa e sempre uguale.»»

Il rapporto tra ciò che è scritto e ciò che non è scritto si snoda intorno alla mistificazione, all'indistinguibilità tra il vero e il falso. La finzione letteraria finisce per identificarsi con quanto di più reale ci sia: il lettore si ritrova vittima di un'organizzazione che semina confusione tra i nomi dei libri, i loro autori, le traduzioni, le edizioni. Cervello dell'articolata congiura è il traduttore-contraffattore Ermes Marana. Non è al denaro o al potere che ambisce, bensì a riconquistare la protagonista femminile, la lettrice Ludmilla. «Per questa donna (...) leggere vuol dire spogliarsi d'ogni intenzione e d'ogni partito preso, per essere pronta a cogliere una voce che si fa sentire quando meno ci s'aspetta, una voce che viene non si sa da dove, da qualche parte al di là del libro, al di là dell'autore, al di là delle convenzioni della scrittura: dal non detto, da quello che il mondo non ha ancora detto di sé e non ha ancora le parole per dire. Quanto a lui, invece, voleva dimostrarle che dietro la pagina scritta c'è il nulla; il mondo esiste solo come artificio, finzione, malinteso, menzogna. (...) Non era pazzia la sua; forse solo disperazione; la scommessa con la donna era perduta da un pezzo; era lei la vincitrice, era la sua lettura sempre incuriosita e sempre incontentabile che riusciva a scoprire verità nascoste nel falso più smaccato, e falsità senza attenuanti nelle parole che si pretendono più veritiere.»

Qualsiasi rapporto ci sia tra il vero e la finzione, la lettura è esattamente qualcosa al di qua della stessa distinzione tra il vero e il falso. La lettura è soggettiva, potremmo dire, proprio perché né vera né falsa. 
In un mondo fin(i)to, leggere è l'àncora a cui reggersi.

«Siamo in un paese in cui tutto quel che è falsificabile è stato falsificato: quadri nei musei, lingotti d''oro, biglietti degli autobus. La controrivoluzione e la rivoluzione combattono tra loro a colpi di falsificazione; il risultato è che nessuno può esser sicuro di ciò che è vero e di ciò che è falso, la polizia politica simula azioni rivoluzionarie e i rivoluzionari si travestono da poliziotti.»

2 commenti:

  1. Ciao, sono stata indirizzata sul vostro bellissimo blog da Audrey. Un posto veramente bemmo e curato dove passare qualche momento con la mia passione: i libri.
    Mi sono iscritta tra i vostri lettori fissi.
    A presto, buona serata.
    Antonella

    RispondiElimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...