mercoledì 14 agosto 2013

"Lo scrignetto di malachite" di Pavel Petrovič Bažov

Il racconto fiabesco non dovrebbe essere considerato esclusivo appannaggio di bambini e ragazzini. Considerazioni frettolose e superficiali spesso relegano la fiaba (scritta) nel cantuccio più dimesso della letteratura o la bandiscono del tutto dai suoi confini.
Roba da bambini.
Niente di più sbagliato, naturalmente. 
Un errore di valutazione così grossolano non fu certo compiuto da Pavel Petrovič Bažov. Era un maestro elementare appassionato di folklore, nato a Permiskij nel 1879. Gli Urali con le loro miniere e le loro località
La copertina di una vecchia edizione russa.
ferriere erano la sua terra, una terra ricca di tradizioni orali e costumi tramandati con cura da una generazione all'altra. Bažov divenne cacciatore e pescatore per poter girovagare sui suoi monti e oltre, nelle sterminate campagne russe, alla ricerca di una preda privilegiata: il racconto tradizionale. Nel corso degli anni accumulò un enorme patrimonio culturale, folkloristico ed etnografico: la sapienza ancestrale sedimentata nei racconti fiabeschi delle sue terre attecchì felicemente in uno spirito minuzioso e sensibile come il suo. Seppe lavorare l'abbondante materiale raccolto al tornio della sua vena poetica e il risultato fu pregevole. Storia degli Urali  fu pubblicato nel 1924 e negli anni a seguire molti altri racconti si fecero testimonianza scritta dei frutti delle ricerche di Bažov.
Ma il capolavoro dell'autore russo andò alle stampe nel 1939, dopo sei anni di gestazione: Lo scrignetto di malachite.
I quarantaquattro racconti riuniti nel mastodontico volume non sono propriamente "fiabe": sono racconti originali ispirati all'enorme bagaglio fiabesco e antropologico accumulato dall'autore durante i suoi viaggi. Sono storie vivide e suggestive ambientate per la maggior parte sugli Urali e perno di molte narrazioni è il monte Azov, tradizionalmente sede della misteriosa e potente Signora della Montagna di Rame, personaggio mitico talvolta benevolo e talvolta minaccioso.
Per Bažov la fiaba non è mai fuga dalla realtà. Certo, il piacere della lettura è sempre un'evasione, ma Bažov non scrisse i suoi splendidi racconti dimenticando il reale, né con il fine di farne smarrire la densità al lettore. I racconti dello Scrignetto sono speso degli spaccati di vita, verosimili fino ad essere crudi, e l'abilità di Bažov è stata tale da armonizzare gli spunti leggendari e mitologici con la realtà imprescindibile delle cose, dei luoghi, delle gerarchie sociali, degli usi locali. Nei suoi racconti fantastici, Bažov non rinnega la realtà né la mistifica, e l'elemento magico viene incastrato delicatamente in un insieme vivido e credibile, puramente poetico. In questa rara miscela di verismo e incanto ho ritrovato la suggestione del migliore realismo magico, di cui è bandiera Gabriel García Márquez.
Non dimentichiamo che Lo scrignetto di malachite è stato pubblicato nel 1939: erano gli anni del realismo socialista e i racconti di Bažov (Il verde praticello, le Favole sui tedeschi, Racconti su Lenin, Racconti dell'armaiuolo) ne sono un prodotto perfetto, tanto da meritare all'autore la candidatura al Premio Lenin nel 1950.
I personaggi dello Scrignetto sono per lo più operai, minatori, ricamatrici, lavoratori di malachite. Bažov era figlio di minatore e i suoi racconti ritraggono quel mondo sotterraneo di sudore e fatica senza tralasciarne gli aspetti più duri (considerata la fascia giovanile a cui i racconti sono rivolti). Anche i matrimoni tra eroi ed eroine (tipicamente emblemi del fiabesco lieto fine) non sono sempre felici: si risolvono spesso in sacrifici, malattie, vedovanze o in passioni morbose e ossessive che conducono i personaggi alla follia, alla fuga o alla sparizione. Il narratore non nasconde ai giovani lettori le asperità della vita in un roseo "vissero tutti felici e contenti", e la dura realtà è in agguato anche quando il protagonista è innamorato:

«Tutto andava per il meglio e la giovinetta dagli occhi azzurri lo conquistava sempre di più. Non c'era dubbio che questa fanciulla era stata messa sulla sua strada dal destino. In verità Iliušcka non l'aveva mai vista prima perché abitava in un altro villaggio, famoso per le sue ragazze, che erano più belle di quelle dei dintorni. Ma purtroppo il giovane che sposava una di quelle fanciulle, era destinato a rimanere presto vedovo, perché fin da bambine esse lavoravano la pietra e si ammalavano gravemente

Una delle belle illustrazioni di Maria Grazia
Farina (presenti in una raccolta antologizzata
nel 1979dall'Editrice La Scuola, "Racconti Russi")
Gli operai e i minatori di Bažov non solo si ammazzano di fatica e talvolta subiscono le angherie dei loro superiori, ma sono sistematicamente vittime di malattie professionali. I maestri che lavorano la pietra, come i lavoratori che la estraggono, hanno spesso occhi, guance e barba verdi di malachite, e la polvere che hanno respirato li porta a tossire, ad ammalarsi gravemente, a morire prematuramente.
Con altrettanta attenzione è ritratta da Bažov la condizione vedovile, per cui personaggi femminili come Nastasia devono ingegnarsi e lavorare duramente per mandare avanti la casa e la famiglia in assenza del marito e senza l'appoggio dei familiari. Dai racconti ricaviamo allora molte informazioni sui rapporti sociali nei villaggi russi, sugli usi matrimoniali e familiari, sulle condizioni delle donne, degli anziani, degli orfani.
Il perno dei racconti di Bažov, il loro cuore pulsante, non va ricercato forse nei gioielli magici che possono essere indossati solo dalla piccola Taniušcka che li ha ricevuti dal padre, né nel bottoncino magico che aiuta nel ricamo, né nella foresta di pietra che sembra viva e animata sotto lo sguardo della misteriosa Signora della Montagna di Rame. Il protagonista dello Scrignetto di malachite è piuttosto l'uomo reale, quello che si intossica in miniera e torna a casa distrutto, quello che si arrabatta per sfamare i figlioletti, quello che guarda con diffidenza al suo superiore fannullone. Non a caso, l'antagonista del racconto Il ramoscello fragile è un padrone prepotente e avido, che tormenta il protagonista Mitja e la sua famiglia, impone loro tributi spropositati per vendicarsi di uno screzio personale, è crudele con i lavoratori, si arricchisce alle loro spalle e li subissa di angherie; tra le mille disgrazie che affliggono i protagonisti, vediamo uno sprazzo di giustizia poetica (oltre che proletaria) nel pungente finale:

«Anche al padrone successe un fatto molto strano. Poco tempo dopo rimase soffocato dal suo grasso.»

Al centro dei racconti di Bažov ci sono una realtà aspra e faticosa  e il duro e onesto lavoro, che è sempre la caratteristica principale di eroi ed eroine. Il protagonista di queste fiabe è l'uomo concreto e più precisamente il proletario, e la vera magia non è racchiusa in amuleti e gioielli fatati ma nell'occhio sensibile e nel tocco poetico dell'autore.

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