giovedì 31 dicembre 2015

I 10 libri più belli letti nel 2015: da Dostoevskij a Kristof, da Pasolini a Vattimo

Nell'ultimo dell'anno, noi di Caratteri Vaganti vi proponiamo la nostra "Top Ten": i dieci libri più edificanti, suggestivi e belli che abbiamo letto in questo 2015. Sperando che la nostra lista vi dia qualche spunto, vi auguriamo un 2016 pieno di libri, di film e (possibilmente) rivoluzionario!


1. Petrolio, Pier Paolo Pasolini, pubblicato postumo nel 1992. Una discesa nei gironi dell'Italia degli anni Settanta, segnata dal conformismo, dalla sete di potere, dall'imporsi di un modello occidentale privo di alternative, che riduce a sé ogni specificità, da quella popolare del mondo delle borgate, a quella dell'intellettuale di sinistra, ormai perfettamente integrato nei salotti buoni.

2. I Demonî, Dostoevskij, 1873. Come in una tragedia dell'antica Grecia, Dostoevskij mette in scena un dramma collettivo, corale. Quello della lotta contro le ingiustizie, del nichilismo, dell'ossessione, della rivoluzione.

3. Costituzione e lotta di classe, Hans Jürgen Krahl, pubblicato postumo nel 1971. Allievo di Adorno, Krahl fu uno degli interpreti più lucidi della Scuola di Francoforte. Morto all'età di ventisette anni, non ha potuto lasciarci un'opera completa, ma questa raccolta di saggi e interventi getta luce su molte questioni affrontate dai suoi maestri francofortesi, e ci dice molto della sua generazione, dei suoi sogni e delle sue speranze. Quella del 1968.

4. L'analfabeta, Agota Kristof, racconto autobiografico scritto per una rivista di Zurigo. La scrittrice ripercorre la propria esistenza secondo un unico filo conduttore: la lingua. Se per l'Agota bambina l'unica lingua concepibile come universale è l'ungherese, per l'Agota adulta ed esule la lingua ungherese perde la propria globalità e diventa la lingua incomprensibile dello straniero, causa di emarginazione. Lo straniero, l'esule, non è solo colui che non può essere capito. È un analfabeta. Ella scrive: «Questa lingua, il francese, non l’ho scelta io. Mi è stata imposta dal caso, delle circostanze. So che non riuscirò mai a scrivere come scrivono gli scrittori francesi di nascita. Ma scriverò come meglio potrò. È una sfida. La sfida di un’analfabeta.»

5. Il pensiero debole, a cura di Gianni Vattimo e Pier Aldo Rovatti, 2010. Una raccolta di saggi che oggi, più che mai, vale la pena leggere. Contro ogni metafisica fondazionale, i diversi autori dichiarano la pregnanza della soggettività. Se, come scrive Rovatti, «la situazione tipica del pensiero "forte" è [...] quella in cui pensante e pensato, chi pensa e cosa si pensa sono solidali», il pensiero debole si propone come ciò che può spodestare l'essere dalla sua centralità e presentare la ragione non più come universale, ma come «una singolarità tra le altre».

6. La metamorfosi, Franz Kafka. Pubblicato per la prima volta nel 1915, il racconto smaschera l'ipocrisia borghese perbenista. Nonostante il nobile intento, Kafka non nasconde (il protagonista ne è, in qualche modo, l'alter ego) al lettore che, dietro l'umiliazione subìta, si nasconde un desiderio, più che conscio, di far parte interamente di quel mondo ovattato di ipocrisia.

7. 36 Poesie, Attilio Bertolucci. Non poteva mancare un libro di poesie, porto ospitale per quei giorni in cui la narrativa non basta.

8. Tungsteno, Cesar Vallejo. Uno dei maggiori poeti peruviani per una sola volta si è cimentato con il mezzo espressivo del romanzo e il risultato è imperdibile. Atti di quotidiana crudeltà e cinismo si consumano nella zona mineraria di Cuzco, dove gli imprenditori statunitensi della Mining Society in combutta con le autorità locali spadroneggiano sugli indios facendone i propri schiavi nelle miniere. È un libro asciutto e vero, che racconta delle violenze operate dai gringos, della vita misera dei mineros che dopo essere stati sfruttati disumanamente possono ripiegare solo nelle loro squallide catapecchie, delle prepotenze operate dalle autorità sui manifestanti e sugli indios rastrellati nei villaggi rurali per fornire manodopera schiavile nelle fucine. Ma racconta anche degli entusiasmi di inizio secolo, delle agitazioni e dell'aspirazione a una vita più giusta.

9. Italiani brava gente?, Angelo Del Boca. Un illustre storico del colonialismo italiano cerca di sfatare, in questo libro ricco e necessario, il mito più solido del nostro Paese. Del Boca sviscera alcuni degli episodi più bui della nostra storia, dalla guerra al brigantaggio che ha visto stragi di ribelli nel sud Italia e decimazioni in villaggi innocenti ad opera del nuovo governo all'indomani dell'unità, alla brutalità della Grande Guerra e alla disinvoltura con cui Cadorna ha destinato al massacro ondate di giovani soldati, alle violenze operate in Africa durante gli anni del Fascismo. Di più ancora: questo libro scava sotto la retorica della conquista, della superiore civiltà italiana, del nostro essere "brava gente", e ci rivela anche gli aspetti meno conosciuti e più dolorosi da confessare: le deportazioni e i campi di concentramento realizzati dagli italiani in Libia, gli ordini ufficiali di decimare la popolazione, lo sciacallaggio operato dai nostri in Cina approfittando della Guerra dei Boxer, i tentativi di pulizia etnica che abbiamo perpetrato nei Paesi slavi (e sui quali abbiano anche ricamato il mito delle Foibe), la prigione di Nocra in cui lasciavamo i detenuti a morire di stenti, privi di acqua potabile e di cibo, per poi fucilarli senz'altro se tentavano di evadere. Queste e altre ancora sono le pagine di storia che Del Boca ci invita ad approfondire, mostrandoci il lato più oscuro e doloroso della nostra italianità.

10. Montedidio, Erri De Luca. «Calo la saracinesca, ci salutiamo, dice che è bello avere le ali, ma è stato più bello avere mani buone per lavorare». Le storie del piccolo protagonista, del calzolaio ebreo Rafaniello, della ragazzina che "ha già conosciuto lo schifo", molestata dal padrone di casa per sanare all'affitto arretrato, si intrecciano sullo sfondo di una Napoli laboriosa e rumorosa, di file di panni stesi che tagliano a fette il cielo azzurro, delle strade animate dalle voci delle comari e dei venditori di pettini. Una romanzo che somiglia a una poesia.


Nina, Bulma e Clem

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