mercoledì 14 giugno 2017

Su "Il marxismo occidentale" - Fosco Giannini

Prima di entrare dentro l’opera di Losurdo, una notazione, certo non marginale: alla fine dei conti un libro è un libro ed è innanzitutto sostenuto dalla propria impalcatura semantica. Ecco, le pagine di Losurdo sono di una nettezza linguistica, d’ una pulizia – nella spessa densità del discorso – da indurci ad una considerazione: questo è il semplice che è difficile a farsi e ciò capita, come sappiamo sin dal “Manifesto del Partito Comunista” del 1848, quando le idee dell’autore sono chiare, sono giunte a totale maturazione.

Ma, ora, affrontiamo in modo diretto il libro di Losurdo. A pagina 65 vengono riportate dall’Autore due affermazioni – l’una di Lenin, l’altra di Gramsci – che, da sole, esprimono il senso ultimo del lavoro di Losurdo, evocando con forza la critica al marxismo occidentale. “Lenin richiama l’attenzione – scrive Losurdo- sul fatto che, agli occhi dell’Occidente, le vittime delle guerre e dell’espansionismo coloniale non meritano nemmeno l’appellativo di

popoli (sono forse popoli gli asiatici e gli africani?”); in ultima analisi , esse, sono escluse dalla comunità umana. Ancor più esplicito è Gramsci. Scrivendo negli anni ‘30 egli osserva: persino per un filosofo come Henry Bergson, “in realtà umanità significa Occidente”; ed è in tal modo che argomentano i campioni della “difesa dell’Occidente”…la cultura dominante in Occidente. Il comunismo, invece, è sinonimo di umanesimo integrale, di un umanesimo che sfida l’arroganza dei “bianchi superuomini”.

Qui c’è il cuore del discorso losurdiano, la sua critica al marxismo occidentale: il marxismo dell’Occidente non ha saputo uscire dalla propria religione bianca; non ha saputo evitare che il contesto ideologico in cui è nato lo segnasse di sé; non ha saputo essere i popoli extraoccidentali oppressi dall’imperialismo e dal colonialismo, cosicché ha guardato il mondo grande ed esterno all’Occidente con gli occhi – infine -dello stesso Occidente; ha guardato al di là dell’Occidente con occhi sì critici verso il capitalismo ma non capaci di vedere il mondo grande extraoccidentale. Da qui, da questa essenziale distorsione iniziale, sono sorte le critiche – sempre più estese, organizzate, ramificate, “raffinate” – ai modi in cui si conducevano le lotte anticolonialiste; ai modi in cui si prendeva il potere; ai modi in cui i popoli e gli Stati liberatisi dal colonialismo difendevano il potere conquistato; ai modi in cui i Paesi precapitalisti liberatisi sviluppavano le forze produttive. [...]
Su quale base materiale Losurdo costruisce la critica al marxismo occidentale? Attraverso un procedimento semplice e – appunto – concreto: analizzando il pensiero dei maggiori esponenti dello stesso marxismo occidentale.

Il viaggio che Losurdo compie attraverso tutto il pensiero marxista occidentale è un atto da scuola-quadri superiore, indispensabile per costruire un nuovo senso comune rivoluzionario, in antitesi con quelle incrostazioni che oggi deformano la coscienza di troppi comunisti ancora sotto il giogo dello stesso marxismo occidentale. Non è possibile ripercorrere le cento stazioni della via crucis lungo la quale è nato e morto il marxismo occidentale e che Losurdo mette in luce. Possiamo solo dire, al cospetto di tanta ricchezza filosofica e politica, che ogni militante comunista occidentale, e specificatamente italiano (probabilmente uno dei più esposti alla malattia del marxismo occidentale), deve leggere e studiare il libro di Losurdo.

Di tutta la ricchezza analitica di Losurdo facciamo, qui, solo degli assaggi. Nello stesso incipit del suo libro l’Autore ci avverte che la stessa locuzione di “marxismo occidentale” deve la sua fortuna ad un libro con il quale nel 1976 il filosofo inglese Anderson, trotskista, invitava il marxismo occidentale a dichiarare la sua totale estraneità e indipendenza rispetto alla “caricatura di marxismo” dei paesi ufficialmente marxisti, tutti collocati ad Est. Sia l’URSS che la Cina popolare erano duramente presi di mira da Anderson. E dobbiamo dire, col senno del poi, che il pensiero di Anderson ne ha fatta di strada, tra i marxisti occidentali, sino a divenire egemone, sino a porsi come base materiale persino dello scioglimento di grandi partiti, come il PCI. E dobbiamo prendere atto, infine, di come il trotskismo, in Occidente, benchè debolissimo sul piano organizzativo e senza importanti rapporti di massa, abbia sprigionato un effetto dominante sull’intero marxismo occidentale. Nonostante dighe formidabili come quelle di Gramsci, Togliatti e del “secondo” Lucaks.

Dall’analisi complessiva del pensiero degli intellettuali, dei filosofi, dei dirigenti politici di primissimo piano dell’intero marxismo occidentale dispiegata da Losurdo, emerge, in rozza sintesi, il seguente prospetto: il marxismo occidentale non capisce, non “sente” la centralità delle lotte e delle rivoluzioni anticolonialiste e antimperialiste portate avanti dai popoli, dalle avanguardie e dai partiti comunisti del “mondo grande” (come direbbe Gramsci) esterno all’Occidente. Non le capisce perché le misura con il metro culturale occidentale e della democrazia borghese, ratificando in questo modo la propria subordinazione filosofica e ideologica alla stessa cultura imperialista. È da questa postazione sbagliata che il marxismo occidentale – invece che mettere a valore, anche sul piano teorico, le lotte di liberazione dei popoli – tenta cocciutamente di scandagliarle con la diagnostica occidentale; da qui la condanna di “totalitarismo” che il marxismo occidentale scaglia contro le rivoluzioni anticolonialiste e antimperialiste, contro l’URSS, contro la Cina popolare, contro Cuba e via dicendo; da qui l’accusa di “burocratizzazione” del potere, accusa che prende sostanzialmente le mosse da un paradosso, quello dell’interiorizzazione della democrazia borghese come unica democrazia, che spinge il marxismo occidentale ad avere paura dei poteri rivoluzionari concretamente costituitisi; da qui l’accusa di “mercificazione” del socialismo rispetto ai quei progetti – essenziali ai fini rivoluzionari – volti, nei Paesi delle vittorie anticolonialiste, allo sviluppo delle forze produttive; da qui “ l’orrore” piccolo borghese più volte dimostrato dal marxismo occidentale in relazione alle difese dei poteri rivoluzionari: che differenza c’è, infatti, tra l’analisi che ha svolto “la Repubblica” rispetto a Piazza Tienanmen da quella fatta dal PRC di Bertinotti e di quasi tutta la sinistra italiana? E ancora: non sarebbe diversa, oggi, la storia del mondo se Gorbaciov, invece di perdersi nell’accidia della cultura occidentale, avesse difeso con la forza, con l’Armata Rossa, l’integrità ed il ruolo dell’Unione Sovietica, invece di regalarla a Eltsin, già genuflesso ai voleri imperialisti? Che fine hanno fatto le lezioni della Rivoluzione francese, della Comune di Parigi, dell’Ottobre, della Lunga Marcia, di Ho Chi Minh, di Fidel , di Che Guevara?

La Fortuna ha voluto (quella machiavellica, quella che si conquista sul campo, quella che i popoli e gli Stati hanno meritato con le loro lotte antimperialiste, anticolonialiste, costruendo e difendendo i poteri e sviluppando le loro economie) che dopo la scomparsa dell’URSS si materializzassero sul fronte internazionale i BRICS, nuovo argine antimperialista. I BRICS che – al solito – non piacciano troppo all’attuale marxismo occidentale, poichè troppo distanti dalla cultura occidentale, troppo “totalitari” e volti ad economie troppo miste, non puramente socialiste…


Losurdo ha svolto un lavoro intellettuale che dovrebbe essere stato d’una grande durezza (ora comprendiamo meglio il nostro filosofo quando, già una decina d’anni fa, ci diceva: “Non fatemi girare troppo, tra convegni e dibattiti, risparmiatemi un po’, poiché vorrei dedicare questa parte della mia vita a studiare e scrivere". E, alla luce di quanto ha prodotto, quanto aveva ragione!) : viaggiando tra tutta l’intellighenzia marxista occidentale ha costruito il filo coerente che ci consente di parlare legittimamente di marxismo occidentale, comprendendone la natura.

Ecco cosa afferma il filosofo marxista francese Maurice Merleau-Ponty, già nel 1955: “La politica rivoluzionaria, che nella prospettiva del 1917 doveva storicamente subentrare alla politica “liberale”è invece sempre più diventata una politica di paesi nuovi, il mezzo per passare da economie semicoloniali ai moderni modi di produzione. L’immenso apparato da essa costruito, con le sue regole e i suoi privilegi, nel momento stesso in cui si dimostra efficace per impiantare un’industria o mettere al lavoro un proletariato ancora vergine, indebolisce il proletariato come classe dirigente…”. Ha bisogno forse di un commento, tale affermazione? L’arroganza eurocentrica e la rimozione della questione della lotta anticolonialista si dichiarano da sole… 

[...] Bakunin, Jean Paul Sartre, il primo Lukacs, Adorno, Bobbio, Foucault, Hannah Arendt, Timpanaro, Toni Negri, Zizek, Badiou: sono anch’essi rivisitati nel profondo da Losurdo, e in tutti il nostro filosofo mette in luce gli elementi costitutivi del marxismo occidentale: una restrizione del campo visivo filosofico che costringe lo stesso marxismo occidentale a chiudersi nel ridotto occidentale ed eurocentrico, causa prima della rimozione delle questioni dell’imperialismo e del colonialismo, causa centrale dell’involuzione provincialista del marxismo occidentale.

Lo stato di salute – politica, filosofica – è oggi, per il marxismo occidentale, gravissimo. Scrive Losurdo, in occasione della guerra imperialista e neocolonialista contro la Libia, 2011: “Non mi risulta che ci sia un esponente di rilievo del “marxismo libertario occidentale” che abbia denunciato tale orrore. Anzi una personalità (Rossana Rossanda) che, quale fondatrice di un “quotidiano comunista” (“il Manifesto”) può ben essere inserita nell’ambito del “marxismo occidentale” ovvero del “marxismo libertario occidentale”, si è spinta sino alla soglia dell’invocazione dell’intervento armato contro la Libia di Gheddafi…”.
E, qualche anno prima – 1999 - era stato Hardt, il coautore, con Negri, di “Impero”, a scrivere, rispetto alla guerra USA-NATO contro la Jugoslavia, scatenata senza nemmeno l’autorizzazione dell’ONU: “Dobbiamo riconoscere che questa non è un’azione dell’imperialismo americano. È in effetti un’azione internazionale… e i suoi obiettivi non sono guidati dai limitati interessi nazionali degli USA: essa è effettivamente finalizzata a tutelare i diritti umani…”.
Tutto ciò, specie l’adesione alle guerre imperialiste, specie in questa fase caratterizzata dalla preparazione di una guerra dal carattere strategico contro la Cina – scrive Losurdo – rappresenta il certificato di morte del marxismo occidentale. Che, se potrà rinascere, lo potrà solamente riassumendo totalmente i caratteri dell’antimperialismo e dell’anticolonialismo conseguenti.

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