venerdì 26 ottobre 2012

"La vendetta" di Agota Kristof

«Ci sono stati degli omicidi?»
«Sì. Tutto è spazzato via dall'acqua limpida della redenzione. Ma i morti ritornano, il mare non li vuole. Li spedisce in un altro canale che li riporta qui. Dopodiché girano intorno alla città come le anime del passato.»

«Eppure sembrano felici.»
«Hanno il volto contratto in un'eterna espressione di gentilezza. Ma chi può sapere che cosa provano?»
«Tu, probabilmente.»
«Io vedo solo l'esterno. Constato.»
«Che cosa constati?»
«Che qualsiasi esterno circondato da un altro esterno diventa interno così come un interno si tramuta indiscutibilmente in esterno.»

Quando ho finito di leggere questo libricino, non ho potuto fare a meno di pensare alla Filosofia. Pensiero di pensiero che si radica nel quotidiano: come definire altrimenti la penna della Kristof?
Essa scrive di menzogne, delusioni, solitudini, nostalgie, alienazioni: ferisce più la penna che la spada! Ebbene, i venticinque racconti di cui questa raccolta è composta inchiodano alla meschinità di una realtà a volte grottesca, a volte estranea, a volte agghiacciante e la illuminano nella sua comprensibilità. Il lettore si immerge in queste atmosfere surreali per riscoprire qualcosa di sé-nel-mondo e non può che amare o odiare la scrittrice. Non ci sono sfumature di colore: i toni schietti e fulminanti di questa raccolta non ammettono repliche perché sussistono di per sé. E fanno esistere l'inesistente, esprimere l'inespresso, apparire il nascosto.
Questa più che una recensione vuole essere una modesta presentazione: la Kristof non ha bisogno di spiegazioni. Tutti la comprendono perché arriva dritta all'anima delle cose, come un profeta. A me piace immaginarla mano nella mano con ognuno dei suoi personaggi: ora è col ladro di appartamenti, ora ascolta la moglie omicida, ora riesuma il ricordo dell'operaio in fin di vita, ora sorride al musicista da giovane. Agota c'è e testimonia. Per noi.
Lo consiglio soprattutto a chi desidera risposte.
Buona lettura!

«Suoni» - disse
«Non riesco. Perché hanno riso?»
«Per il disagio. Non potevano sopportare la sua musica...il suo dolore.»

2 commenti:

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