Spesso sono avvezzo a postare (verbo che mai avrei pensato di utilizzare, vista la mia formazione umanistica e non “umanista” come qualcuno ultimamente ha chiosato, tutta carta polverosa e poco incline alla digitalizzazione dell’oggetto libro) fotografie di artisti, ricordandone la loro data di nascita o di morte, ovviamente in concomitanza con il giorno in questione.
Rendere omaggio a quelli che sono scrittori, pittori, musicisti, filosofi, ecc. mi sembra il minimo – da parte del sottoscritto – per ringraziare (seppur in modalità postuma) coloro i quali hanno nutrito frammenti della mia anima e hanno contribuito, con la loro opera, a modellare i tasselli che compongono il puzzle della mia persona, l’essenza della mia forma mentis culturale, dunque – perché no – anche morale e civile, oserei dire intellettuale in senso empaticamente gramsciano.
Ovviamente, in relazione a ciò, si sprecano i commenti di coloro i quali mi “seguono” (sic!) sui social network (abitati da moltissimi imbecilli, ahinoi! Sposo appieno le parole di Umberto, delle quali ancora riecheggia l’Eco!), chi definisce il mio modus un collage mortuario di pessima fattura, chi invece apprezza il fatto che potrei far conoscere qualcuno di cui mai si era sentito parlar prima, altri ancora che vedono in questo una mia presunta voglia di far trapelare il mio sapere, magari con punte di arroganza miste a snobismo (certo, perché viviamo un periodo storico malsano in cui, assai spesso, chi “sa” deve quasi vergognarsi di farlo trapelare, rischio un’accusa di elitarismo, classismo, saccenza, e altri paroloni inutili, in quanto mal sposati al concetto principale) ma comunque…
Mi è stato posto il quesito se codesta operazione non rischi di monumentalizzare la memoria del soggetto in questione (l’artista di cui voglio ricordare nascita o dipartita) invece che attualizzarne il ricordo.
Pleonastico che, nel momento in cui mi si pone il suddetto spunto di riflessione, si faccia riferimento alla prima categoria come negativa e alla seconda, di contraltare, come invece positiva.
Arrivo al punto, che in realtà si traveste da dubbio. Chi ci dice che necessariamente la monumentalizzazione della memoria è negativa e l’attualizzazione del ricordo no? E chi ci dice il contrario? Insomma, non potrebbe esserci una buona monumentalizzazione della memoria e una cattiva attualizzazione del ricordo, a maggior ragione – vorrei aggiungere – tenendo in considerazione la scarsa valenza che vien data alla cultura (quindi al ruolo intellettuale) in questi tristi e mefitici tempi?
Ecco, mi rendo conto di star ponendo domande e di non star fornendo alcuna risposta al quesito. Questo perché credo, ormai, che ogni cosa, anche la più piccola, anche la minima parte di un assunto, vada contestualizzata. Penso che vi sia colui il quale potrebbe attuare una sana e giusta monumentalizzazione della memoria e chi no… idem per quanto riguarda l’attualizzazione del ricordo.
Per inciso “monumento” deriva dal latino monumentum che sta appunto per “ricordo, monumento”, non starem forse dicendo la stessa cosa separando due concetti che, probabilmente, così lontani non sono, se non per una mera questione o accezione terminologica?
Insomma io posso monumentalizzare la memoria “al fine” di attualizzarne il ricordo! Forse l’inghippo si scioglie in questo modo assai semplice, in realtà!
Ovvio che, nel momento in cui si compie un’azione, si decide di ricordare qualcosa, la coscienza critica e la memoria storica (due parametri che ormai si stenta a trovare in larga parte del genere umano) devon essere ben vigili e ben nutriti, altrimenti sì che la monumetalizzazione della memoria diventa esercizio mediocre fine a se stesso e l’attualizzazione del ricordo resta un fantasma utopico, uno spettro che – ahinoi – non solo non si aggira in Europa, ma neanche nella mente del singolo operante l’azione in questione!
Dico allora che ben venga il monumento eretto alla memoria, se ad esso succederà anche il ricordo attualizzato (che potrebbe nascondere, sia chiaro, anche lati negativi… ad esempio il rischio di malsane associazioni col presente o il tranello di un’errata comparazione di carattere storico-ideologico) tanto di guadagnato, e spero nulla di perso.
La questione è sempre aperta e animata da scorrevole dinamismo, argomento spesso trattato da coloro che vedono nell'attualizzazione una conditio necessaria affinché il passato possa ottenere pieno diritto di cittadinanza entro un presente purtroppo sempre meno umanistico. La nostra società identifica la cultura filosofico - letteraria con la tarlata e polverosa libreria, non riuscendo a comprendere come quei volumi nascondano in realtà un contenuto illuminante, la cui grandezza consiste proprio nell'essere figlio del proprio tempo. La modernizzazione del passato a tutti i costi ( storico, letterario, filosofico o artistico che sia ) si risolve sempre più di frequente in una forzatura priva di criterio, poiché sovente non tiene minimamente conto della contestualizzazione entro cui, ciò che è stato anzitutto un vivo presente, è germinato prima di divenire materia di studio per i posteri. La grandezza letteraria di Dante e Boccaccio, la pittura di Giotto e Raffaello, le teorizzazioni di Marsilio e Ockham non richiedono attualizzazione, in quanto sono orgogliosamente figlie di un'epoca e come tali devono anzitutto essere considerate. Ben venga dunque la monumentalizzazione del passato che, contrariamente a quanto molti possano pensare, rimane uno strumento imprescindibile per la comprensione del presente, anche senza chiamare in causa lo spettro, spesso inopportuno, dell'attualizzazione.
RispondiEliminaMatteo Andriola
Grazie Matteo per il tuo utile commento.
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