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martedì 12 marzo 2013

Tracce di poesia - Vladimir Vladimirovič Majakovskij


«Ma io
mi sono domato
da solo,
ho camminato 

sulla gola
del mio stesso canto»


Sostenere la lettura di poesie come quelle di Vladimir Majakovskij a volte può risultare difficile, eppure ad ogni verso passato e presente si intersecano, mescolando attualità e storia.
Nato in Georgia nel 1893, rimasto orfano di padre prestissimo, si trasferisce con la madre e le sorelle a Mosca, dove intraprende l'azione rivoluzionaria dal 1908. Aderisce, infatti, al Partito Operaio Socialdemocratico Russo, venendo arrestato dalla polizia zarista per ben tre volte. Il saggio autobiografico "Ja sam" (Io da solo) è il racconto dell'ultimo arresto. È proprio il carcere ad interpellare il poeta Majakovskij: una personalità maestosa che attraverso la poesia si fa attivista politico, sostenitore della Rivoluzione d'Ottobre, trascinatore delle folle proletarie. Il poeta, avvertendo il carico di una responsabilità civile, è un rivoluzionario che tuttavia rifiuta di iscriversi ufficialmente al partito bolscevico: gli impegni politici, infatti, sottrarrebbero troppo tempo all'attività poetica, che comunque si avvale di un respiro comunitario. Il pubblico non è rappresentato da una elite: l'arte si fa propagandistica, soprattutto in difesa del popolo. Non sono solo parole: si organizzano letture di poesie in fabbriche e officine, si sollecita la rivolta, si abbraccia uno stile chiaro e conciso, si abbandona la distanza tra intellettuale e operaio.

«Ricorda,ascoltando
il rombo delle cannonate,
vedendo 
l'assalto 
della borghesia, 
che l'arma 
nostra migliore 
è attuare il motto: 
"Proletari di tutto il mondo, unitevi!"» 
[da "L'arma invincibile"]


Nel 1911 si iscrive all'Accademia di Pittura, Scultura e Architettura di Mosca e aderisce al cubofuturismo, il movimento d'avanguardia teso al progresso che impazza in questi anni in grande parte dell'Europa e dei Paesi dell'Est: al 1914 risale il manifesto "Schiaffo al gusto del pubblico", firmato assieme ad altri artisti (Burljuk, Kamenskij, Kručёnych, Chlebnikov). Il progresso è da intendere innanzitutto come desiderio di rinnovamento che anticipa e coadiuva l'imminente rivoluzione. In questo senso il 1917 è l'anno centrale, proprio perché è "l'anno che verrà", quell'anno che spazzerà via, attraverso un'azione del tutto innovativa e reazionaria, un passato angusto e che darà vita alla nuova Russia. 

«Vogliamo che la parola esploda nel discorso come una mina e urli come il dolore di una ferita e sghignazzi come un urrà di vittoria.»

Nel 1913 pubblica la prima raccolta di poesie "Ja!" (Io!) e nel 1914 si dedica al dramma, attraverso il quale si fa promotore della uguaglianza futurismo=rivoluzione. Porta in scena "La nuvola in calzoni" e "Flauto di vertebre".
Figura centrale nella vita dell'uomo e del poeta Majakovskij, è Lilja Brik (Lilicka). Nelle poesie per Lilicka, i versi del poeta abbandonano il tono severo per abbracciare quello tenue dell'amore.

«(...) Ancora un giorno,
e mi scaccerai,
forse maledicendomi.
Nella buia anticamera, la mano, rotta dal tremito,
a lungo non saprà infilarsi nella manica.
Poi uscirò di corsa,
e lancerò il mio corpo per la strada.
Fuggirò da tutti,
folle diventerò,
consumato dalla disperazione. (...)»
[da "Lilicka! Al posto di una lettera"] 


La dolcezza di questi versi, tuttavia, non contrasta con l'asprezza di quegli altri. Amore e rivoluzione si compenetrano mostrando due facce della stessa medaglia: un amore forse non corrisposto che conduce al suicidio con un colpo di pistola al cuore, nel 1930.
Nella lettera che lascia ai famigliari e amici si legge:


«A tutti. Se muoio, non incolpate nessuno. E, per favore, niente pettegolezzi. Il defunto non li poteva sopportare. Mamma, sorelle, compagni, perdonatemi. Non è una soluzione (non la consiglio a nessuno), ma io non ho altra scelta. Lilja, amami. Compagno governo, la mia famiglia è Lilja Brik, la mamma, le mie sorelle e Veronika Vitol'dovna Polonskaja. Se farai in modo che abbiano un'esistenza decorosa, ti ringrazio. [...] Come si dice, l'incidente è chiuso. La barca dell'amore si è spezzata contro il quotidiano. La vita e io siamo pari. Inutile elencare offese, dolori, torti reciproci. Voi che restate siate felici».

8 commenti:

  1. A noi Jene piace molto questo poeta, è insolito e soprattutto il suo stile è sempre profondo senza essere ridondante.
    Un abbraccio zamposo e complimenti per il post

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    1. Majakovskij arriva dritto al nodo della questione, eh?
      A presto.
      Clem

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  2. Brave ragazze, più vi seguo e più mi sembrate come mio nipote: intelligenti, sensibili e non convenzionali.
    Continuate a scrivere, vi mando un abbraccio

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  3. Mi è sempre piaciuta la frase "se muoio, non incolpate nessuno", è come un pugno nello stomaco ed è anche l'emblema della forza della poesia di Majakovskij, un poeta apprezzato persino dal mitico De Andrè(la canzone è "Un matto: dietro a ogni scemo c'è un villaggio" nell'album "Non al denaro, non all'amore nè al cielo").
    Un bacione!

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    1. Beh, in qualche modo Faber è associalibile a Majakovskij: entrambi con delle personalità molto "incombranti" ed originali, entrambi lottatori, entrambi POETI.
      A presto!

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  4. Non seguo molto la letteratura russa, ma questo post mi ha invogliato a ritentare!
    Un abbraccio
    Matilda

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