"Oggi posso dire che mi sono tormentato su quel volto di cui spesso mi sfuggivano i contorni. Era l'immagine di un'immagine, semplice illusione, velo posato su una vita, o metafora elaborata in un sogno?"
Prima dell'Islam, i padri seppellivano vive le figlie femmine quando erano ancora appena nate e avevano ragione a farlo. Così la pensa Hadj Ahmed a cui, dopo sette figlie femmine, ne nasce un'ottava. L'evento é vissuto dalla famiglia come un'ennesima sventura, senza dubbio il risultato di una maledizione, perché la legge islamica penalizza le donne in materia di successione e i fratelli minori di Hadj Ahmed già pregustano il corposo patrimonio che erediteranno alla morte del primogenito in barba alla sua vedova e alle sue numerose figlie. La soluzione sembra una sola: pesante come una bestemmia, grave come una sfida nei confronti del destino. Gli altri membri della famiglia non ne sanno nulla, la moglie é costretta a rendersi complice della folle ossessione del marito: nonostante Dio abbia destinato la famiglia a caricarsi di una ottava figlia femmina, la piccola sarà battezzata, cresciuta ed educata come un maschio. Per tutti, compresa lei stessa, sarà Mohamed Ahmed. Sarà il menarca a instillare il dubbio nel\nella protagonista e a mandare in frantumi l' identità artificiale che aveva assunto come propria, il viso che aveva eretto come si edifica una casa.
Se il tema dell' androgino, come quello della figlia femmina che viene rifiutata dal padre e trasformata artificialmente in un figlio maschio, è un classico e un motivo ricorrente in libri, film, miti e fiabe (per non dire che è un motivo trito e ritrito), di certo non si può accusare di scarsa originalità il lavoro di Ben Jelloun. Il suo\la sua protagonista non è la Fantaghirò o la Lady Oscar di turno. Lo spessore psicologico di Ahmed è sconvolgente, la sua carica tragica è intensissima fin dalle prime pagine. Quando il ragazzino è ancora convinto di essere tale, quale l' educazione gli ha inculcato di essere, la tragedia non è ancora consumata ma già annunciata. L'anelato figlio maschio è una "creatura di sabbia", una figura modellata dal padre, un' identità del tutto costruita ed irreale, priva di consistenza. È un' illusione, un inganno. Non è solo la società maghrebina ad essere ingannata, non è solo la Legge (giuridica e religiosa) ad essere aggirata, ma è lo stesso Ahmed la vittima di questa regia spietata. La sua natura, le sue pulsioni, la sua ricerca disperata di un'identità negata e violentata sono tratteggiate a tinte forti, con una grande intelligenza e una rara eleganza.
Impareggiabile è la figura disperata e fragilissima di Fatima, la cugina epilettica che Ahmed pretende di prendere in moglie per portare all'estremo la messinscena paterna. Sublime è il linguaggio, fiorito e grondante di tradizione e insieme creatività. Ben Jelloun, dopo i primi testi resi sovraccarichi proprio da questo suo stile ricco ed immaginifico fino all'esagerazione, trova in " Creatura di sabbia" la sua compiuta maturitá: l'Occidente non è più additato come la fonte di ogni male (retaggio doloroso di un umiliante passato coloniale), ma a venire indagate e sviscerate nella loro rudezza sono le stesse istituzioni musulmane che, nelle forme più tradizionali e a dispetto del desiderio di modernizzarsi, penalizzano la donna.
Da bambino "ero circondato solo da donne che mi raccontavano storie meravigliose. Io osservavo la loro esistenza così piccola, servile, il loro universo domestico consunto e misero. Non mi è piaciuto fin da allora: ne ho provato pietà e rabbia, la certezza di una ingiustizia supinamente accettata" ha dichiarato l'autore (La Repubblica del 21 gennaio 1988). A queste forti impressioni radicate nell'infanzia di Ben Jelloun dobbiamo figure come quella, sottomessa e sofferente fino al totale annichilimento e alla follia, della madre di Ahmed e quella dello stesso Ahmed. A questa amara e davvero approfondita riflessione dobbiamo l'intensità di questo racconto: in una trama complicata e tumultuosa di episodi, in un intrecciarsi e accavallarsi di versioni e narratori diversi, in un incastro magistrale di realtà e sogno, in un labirinto di immagini fiabesche e da incubo, questo libro ci guida nella ricerca di questa identità frammentata e perduta, nascosta all'ombra della morte e velata dei colori intensi e onirici di un pregiato stile orientale.
"Ho imparato così ad essere dentro al sogno e a fare della mia vita una storia totalmente inventata, un racconto che conserva il ricordo di quanto è realmente accaduto. Sarà per noia, sarà per stanchezza che ci si propone un`altra vita, che si indossa come una djellaba meravigliosa, un vestito magico, un mantello, tessuto di cielo trapunto di stelle, di colori e di luce?"
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