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martedì 25 settembre 2012

Tracce di poesia - Kalindi Achala


Amanti della poesia, questo post è per voi!
Con una certa continuità, pubblicheremo un post dedicato a poeti 
che vale la pena conoscere meglio.
Lo scopo della rubrica sarà, quindi, quello di raccogliere, per ogni autore, un componimento che vi può introdurre alla sua poetica, brevi cenni biografici, note (ove possibile) per approfondire l'argomento. 
 
È la settimana di Kalindi Achala, poetessa indiana a cui i libri non danno, purtroppo, grande spazio.
Nasce a Kendrapara, nell'Orissa (India), il 13 ottobre del 1902. All'età di soli 17 anni, assiste all'uccisione della sua sorellina, usata come riscatto per un debito contratto dal padre. Inizia a scrivere poesie e riflessioni proprio in questo ambiente così ostico, usando il diario di pergamena ricevuto in dono dalla nonna materna. A 18 anni comincia a viaggiare anche fuori dell’India, alla ricerca di realtà diverse. Tocca Paesi come il Nepal, l’Africa, la Grecia, fino a spingersi in Italia, dove l'arte diventa simbolismo, ermetismo, espressionismo, surrealismo. Affascinata soprattutto da Firenze, comincia a frequentare il Cafè San Marco e Piazza della Repubblica, allora Piazza Vittorio Emanuele, dove aderisce all'ermetismo e scrive "Musa dispensatrice", "Vita" e "Riflessioni di un’anima eremita".
Kalindi muore all’età di 83 anni, proprio a Kendrapara. Si dice che fu ritrovata "ai piedi Similipal; un fiore di loto tra i capelli e nelle mani, stretti al petto, scritti di poeti locali e stranieri: Jaychand, Verlaine, Mridula, Montale,…". Secondo una leggenda Oraons (la tribù di appartenenza della poetessa), il fiore di loto porta con sé il significato di libertà spirituale: simbolo di leggerezza, i suoi petali richiamano le ali della divinità Abha, una dea indiana dalle sembianze di una farfalla, che in tale insetto è stata trasformata per liberarsi dalle catene che la imprigionavano a una roccia rovente.
Kalindi Achala incarna per i poeti proprio la libertà, l'esplosione della pace interiore, la solitudine salvifica. 

Aspettare, aspettarti.
Ma un solo presente
presuppone l’attesa: tu.
Se non ci sarai
all’altro capo,
è al nulla che il mio animo
si rivolge.
E allora tutto è vano,
io stessa non ho ragione
e i miei pensieri
mancano di significato e il mondo non esiste,
crollano le persone,
si dissolvono le città
come nuvole e vapore,
muore il sole, vive l’ombra,
tutto è spento, dormono
le ali, cessano di vibrare,
perchè soltanto attenderti
tiene sveglia la mia vita
Allora, aspetto.

(KALINDI ACHALA)

domenica 23 settembre 2012

"Memorie del sottosuolo" di Fëdor Dostoevskij

«Sono un uomo malato... Sono un uomo maligno.» 

Le "Memorie" meritano di essere lette anche solo per conoscerne il protagonista.
E' l'antieroe più "antieroico" che si possa pensare: non cattivo, se non nelle sue intenzioni. Peggio: è vigliacco, volubile, permaloso fino all'inverosimile. E' un calderone ribollente di rancore, di disgusto per sé stesso, di pusillanimità. Soffre di manie di persecuzione e di complessi di inferiorità, senza dubbio! Detesta ogni cosa ma non osa scagliarsi contro alcun nemico: sa solo rinchiudersi nel suo sottosuolo, nella sua solitudine misera e trapelante di cattivi sentimenti frustrati.
Odia il suo servitore, colpevole contro di lui dei gravi crimini di borbottare fra sé e sé e avere una pronuncia un po' blesa. Detesta i suoi coscritti e invidia il più vincente, bello e potente fra loro. Ucciderebbe in duello un capitano, colpevole di averlo scansato in un locale senza rivolgergli neppure una parola. Eppure, non fa altro che covare invano il proprio rancore, annuire servilmente, arrivare a un passo dalla sfida e ritrarsi, dimesso e inosservato.
Troppo vile per affrontare i propri superiori, i propri pari e perfino sé stesso, il protagonista non può fare altro che prendersela con chi sta ancora più in basso di lui: è così che, «in una notte di neve bagnata», conosce Liza, giovane prostituta. La terrorizza, la umilia, la spinge ad una redenzione che non potrà realizzarsi. Le dà il proprio indirizzo, se ne invaghisce, la aspetta. Lunatico e indeciso, è dilaniato da diversi possibili atteggiamenti. Ma come è inetto a fare del male, è assolutamente incapace anche di amare ed essere amico.
Un libro "strano", che procede in modo impietoso a scandagliare gli angoli più bui, intimi ed imbarazzanti dell'anima umana. Un'escursione nel sottosuolo più profondo e sporco, lontano dai picchi di virtù, bellezza e altruismo su cui intanto si concentravano altri autori e correnti letterarie. Con questa prova, Dostoevskij dimostra tutta la propria originalità, la propria conoscenza dell'animo umano, la propria profondità, il tutto con una forma stilistica davvero pregevole.


«Ti ficcheranno agonizzante nell'angolo più puzzolente della cantina, nel buio, nell'umidità; che cosa penserai allora, coricata lì da sola?»

mercoledì 19 settembre 2012

"La MalaMara" di Giuseppe Triarico

"Ti ricordi? La MalaMara lo chiamavamo quel misto di felicità e dolore, quel chiedere sempre qualcosa di più, quel troppo fare che alla fine ci ha rovinati. La MalaMara ci ha guardato con quei suoi occhi da troia e ci ha fregati un'altra volta. Forse ce lo dovevamo aspettare."

Cos'è la MalaMara? Un'idea, un sentimento, un evento, una persona, un incubo, un fantasma...è un vento che spazza i sogni e le illusioni, mostrandoci chi siamo, mettendoci di fronte agli spettri che ci tormentano da sempre, ma ai quali noi sfuggiamo o crediamo di fuggire. Ma alla fine, nonostante la corsa disperata, la MalaMara esplode con tutta la sua forza, e affrontare i propri mostri diventa inevitabile. Questa è la storia di quattro ragazzi, Sandro, Rocco, Antonia, Fausto, che hanno tutto per poter essere felici: una grande amicizia che li unisce, vitalità, gioia, giovinezza. Sembra che nulla possa distruggerli o dividerli, che la loro felicità sia destinata a durare per sempre. Quando sono insieme sembra che nulla li turbi, ma, quando sono soli, ognuno di loro coltiva, in solitudine, la propria solitudine, la propria insoddisfazione, la MalaMara. E quando saranno più grandi, la solitudine e la rabbia che li ha accompagnati nella loro vita, verrà fuori, inesorabilmente.
Un romanzo molto intenso, che parla dei ragazzi e delle loro difficoltà senza retorica, ma con realtà e drammaticità.